Cinema – Emanuelle nera, quando una lettera fa la differenza

Nel 1967 esce il romanzo Emmanuelle. Lo firma Emmanuelle Arsan, moglie di un diplomatico francese di nome Louis-Jacques Rollet-Andriane. La storia è patinatissima e racconta di una diciannovenne moglie… di un diplomatico francese. Siamo agli esordi del binomio erotismo – esotismo. E soprattutto in piena rivoluzione e liberazione sessuale. La trama, infatti, racconta della vita sessuale spregiudicata e libera della protagonista. Un manifesto femminile. Peccato che, si scoprirà poi, il libro fu scritto dal marito della donna.

Sylvia Kristel nella foto icona della Emmanuelle originale

 

Un personaggio di tale portata non poteva che approdare nel mondo del cinema. Ci mette anche un tempo piuttosto lungo ad arrivare in sala. L’esordio su grande schermo arriva solo nel 1973. Il film si intitola semplicemente Emmanuelle, è firmato da Just Jaeckin e ci consegna una icona sexy degli anni ’70, quella di Sylvia Kristel. Un successo che vale 10 anni di programmazione in una sala parigina. Nel film, così come era stato per il libro, nulla di troppo spinto. Porno soft, o addirittura erotismo patinato. Non scordiamoci che il 1972 era stato l’anno di Gola profonda e dell’hardcore su grande schermo e liberato. Ma la potenza della visuale femminile fa di Emmanuelle una icona dalla carica esplosiva.

 

Ovvimente quindi, come per ogni brand che si rispetti, il marchio di Emmanuelle, visto il successo, viene spremuto fino all’osso. Sono ben 33 i film “originali” che si susseguono dal 1973 al 2004, anno dell’ultima apparizione della Emmanuelle nata dalla penna della Arsan. La Kristel interpreta i primi tre episodi. Dal quarto, con come pretesto una ridicola operazione chirurgica, scompare per lasciare il posto a Mia Nygren. La serie originale, come detto, prospera fino al 2004 ma se la passa davvero male.

 

Mia Nygren seconda e decisamente meno affascinante Emmanuelle

La numerazione della serie viene cambiata più volte. La serie degli anni ’70 si conclude con Emmanuelle 6 nel 1988. Una seconda serie inizia nel 1992 con il film Emmanuelle forever. Sette pellicole per la tv in due anni prodotte da Alain Siritzky che convince la Kristel a tornare sul set nei panni della matura protagonista della prima serie, e le affianca Marcela Walerstein nella parte di Emmanuelle giovane. Siritzky, detentore del marchio, tra il 1994 e il 2000 realizza altri 8 film di ambientazione fantascientifica, il primo era intitolato Emmanuelle, Queen of Galaxy, con Krista Allen nella parte di Emmanuelle. Non li fila nessuno. Ma visto che ha il marchio il produttore ci riprova con la serie Emmanuelle 2000, altri 8 film con Holly Sampson. Ad oggi l’ultimo film originale è il delirante Emmanuelle the Private Collection: Emmanuelle vs. Dracula del 2004.

 M la lettera che fa la differenza

Ma torniamo al 1975. Perché come da tradizione del cinema di genere italiano arriva al volo l’apocrifo. Anzi la serie apocrifa originale e la serie apocrifa della serie apocrifa. E per assurdo, primo film originale a parte, la serie apocrifa italiana ha avuto molto più successo della serie originale diventando un prodotto a se stante, padre di una discendenza che è proseguita per anni. Ma il primo problema era: come aggirare il problema di un brand registrato? Semplice. La protagonista perde una consonante, e si trasforma in Emanuelle mutando da candida ragazza della Parigi bene nella panterona nera fotoreporter italo/indonesiana interpretata da Laura Gemser. Quindi il primo film della serie apocrifa si intitola Emanuelle nera, ed è firmato da Albert Thomas, ovvero Adalberto Albertini. Girato a cavallo tra Nairobi e Roma vede da subito l’abitudine tutta anni ’70 di inserire scene hard per i mercati del porno. Infatti la serie se da una parte lancia la Gemser come eroina liberata, scopre e lancia anche la prima vera diva del porno italiano Marina Frajese, poi Marina Lotar. Ma questo è un altro discorso che meriterebbe un approfondimento a se stante. Di certo possiamo dire che la Gemser non ha mai girato scene hard.

 

Via una M ed Emanuelle si fa nera con Laura Gesmer

 

Poco meno di sei mesi dopo esce Emanuelle nera 2, stesso regista ma diversa protagonista, la sconosciuta e decisamente meno affascinante Shulamith Lasri. Siamo già all’apocrifo dell’apocrifo perché nel frattempo Joe d’Amato, alias Aristide Massaccesi, si è accaparrato in esclusiva la Gemser e quasi contemporaneamente fa uscire Emanuelle nera – Orient Reportage. Erotismo ed esotismo proseguono a braccetto, il set è Bangkok. Il pezzo forte del film sono le scene lesbo soft patinate all’aperto nei paesaggi esotici. Lo slogan del film è She Hotter Than Ever, più calda che mai. E mentre Massacesi batte il ferro arrivano altri apocrifi.

 

Nel 1977 escono ben 5 film dedicati alla Emanuelle nera. Tre originali: Emanuelle in America, Emanuelle: perché violenza alle donne? ed Emanuelle e gli ultimi cannibali. Film che inevitabilmente fanno sposare alla serie filoni che stavano nascendo ed imponendosi nel periodo: nazisploitation e cannibalico. Ma nel 1977 escono anche i due altri apocrifi. Il primo è Suor Emanuelle di Joseph Warren, alias Giuseppe Vari. Film non ufficiale ma che vede lo stesso la Gemser come protagonista. Qui si incrocia un altro filone d’oro del periodo: il nunsploitation, ovvero il sexy con suore protagoniste (di cui lo spagnolo Jess Franco è maestro. Vedi ad esempio La Demone o anche Confessioni proibite di una monaca adolescente). Ma nel 1977 esce anche il primo Le notti porno del mondo di Jimmy Matheus, ovvero Bruno Mattei, colui che erediterà il brand ufficiale di Emanuelle nera dopo l’ultimo film firmato da Joe d’Amato/ Aristide Massaccesi, La via della prostituzione del 1978.

 

Shulamith Lasri la anonima Emanuelle bi apocrifa

Mattei subentra nel 1982 con Violenza in un carcere femminile, non poteva mancare una contaminazione di Emanuelle nera con il wip, il women in prison, e termina la serie nel 1983 con Blade Violent – I violenti. Il primo lo firmò col suo pseudonimo più famoso, Vincent Dawn, quello nato per Virus e che porta in se il tributo agli zombi di Romero. Come slogan di lancio aveva lo strillo: esperienze sessuali traumatizzanti in un clima di allucinante degradazione, e già dallo slogan si capisce che lo spirito iniziale della serie è andato perso a favore di una visuale molto più cruda. Si avvicina molto ai wip firmati da Jess Franco all’epoca e lascia indietro molto dell’esotismo dei primi tre film di D’Amato. Il secondo è firmato come Gilbert Roussel ed è in realtà una co-regia col sodale di sempre Claudio Fragasso. Il film cita esplicitamente Il Cacciatore di Cimmino ed ispira nelle scene di rivolta in carcere Natural born killer di Stone. Lo spirito esotico del film iniziale della serie, che la leggenda vuole adorato dal critico cinematografico del New York Times, che avrebbe scritto: “Girato con vera maestria, anche le scene più erotiche assumono un notevole valore artistico”, ma la cosa è riportata da Stracult di Marco Giusti con un certo sarcasmo e sa di falso, è definitivamente e completamente perso. La Gemser nel film quasi non sfodera il suo leggendario sorriso e appare molto invecchiata e incupita.

 

I primi tre film della serie, anche se spesso massacrati dai tagli, passano spesso in televisione (anche se sempre ad orari assurdi). Un paio di anni fa passarono tipo alle 5 del mattino su Italia 1 con il risultato che le scene in cui Emanuelle scopre i filmati snuff in Emanuelle in America, il più crudo dei primi, passarono alle 7 del mattino a 10 minuti da via dei cartoni animati prescuola. Un film, quest’ultimo che alla sua uscita fu sequestrato su ordine del Tribunale di Avellino con la motivazione: “pellicola offensiva del comune senso del pudore”, e si sa che in quegli anni il sequestro da parte di un tribunale della pellicola era marchio di sicuro successo e attenzione morbosa. Sorvolando sui casi che tutti conosciamo si veda quello che successe con Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato. E’ di certo il più feroce della serie, esclusi naturalmente i due di Mattei. Secondo la rivista Nocturno il primo era invece: “un film che si rivede volentieri, con una punta di nostalgia per quegli anni in cui ci si era illusi che la rivoluzione sessuale fosse a portata di mano. Le cose, invece, sono andate diversamente”. Di certo c’è da rilevare che il film alla sua uscita nel 1975 incassò 804 milioni di lire. Un successo enorme che in tutta la storia dell’eroina dalla scopata facile, che sia bianca o nera, è secondo solo al primo originale.

 

Clamororso falso, non sono le due attrici del film

E a proposito di bianco e nero, ma anche giallo. Ci sono un altro paio di apocrifi da citare. Emanuelle bianca e nera, 1976 di Mario Pinzauti. Film che cita entrambe le serie con Marisa Longo e Rita Manna nella parte delle due Emanuelle. Una trama demenziale ambientata in Louisiana ai tempi della schiavitù. Ecco la trama come la riporta Wikipedia:

“Emanuelle e Lawrence, figli di due famiglie che posseggono delle piantagioni, si incontrano e si innamorano. Dopo un iniziale idillio, Emanuelle inizia a trattare sempre più male gli schiavi, mentre Lawrence si innamora della cameriera di Emanuelle, una ragazza di colore di nome Judith Emanuelle. Quando Emanuelle scopre la relazione tra Judith e Lawrence, mette in atto una vendetta cercando di far uccidere il giovane. Lawrence, per difendersi, uccide due dipendenti della piantagione. Alla fine Emanuelle viene uccisa da coloro che davano la caccia alla coppia Judith-Lawrence”

 

Ma si cercò anche di cinesizzare il successo. Nel 1977 il già citato Adalberto Albertini, che ricorderete era il padre della serie apocrifa e anche della serie apocrifa dell’apocrifa, firmò un primo capitolo di una serie che non partì mai: Yellow Emanuelle, conosciuto anche come Il mondo dei sensi di Emy Wong, con l’attrice cinese Chai Lee (curiosità Emy Wong sarà poi il nome di un personaggio di Futurama) già apparsa nel film Ming, ragazzi! di Anthony M. Dawson, ovvero Antonio Margheriti. Una che dopo si reciclò niente meno che tra il Benny Hill Show, Spazio 1999 e il Muppet Show. Certo che fare suicidare la protagonista alla fine del primo film non era una grande idea.

 

Chai Lee, la Emanuelle gialla... non ci siamo

Lo spazio delle considerazioni potrebbe a questo punto essere ben più vasto della ricostruzione storica. Senza troppo dilungarsi qualche appunto va fatto di certo. Soprattutto per quello che riguarda la “maestria” del cinema di genere, soprattutto quello italiano, di appropriarsi di idee di successo e trasformarle in altro, alle volte creando prodotti che possono vivere poi di vita propria. Piccoli artigiani del cinema che avrebbero potuto essere maestri e che hanno scelto altre strade.