Cinema – Parabole Morettiane

Martedì sera La7d ha riproposto Bianca di nanni Moretti. Io ripropongo un pezzo storico scritto nel 2000 per il portale Granbaol.org.

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Quando il professor Michele Apicella con ghigno innocente e sincero spalanca la finestra dell’commissariato e si butta nel fondamentale monologo delle scarpe nel finale di ‘Bianca’(1984 95min.) davanti ad un commissario che rimane interdetto e quasi ammirato, ecco a quel punto Nanni Moretti ce l’ha fatta. Il suo modus filmico è entrato nell’elite cinematografica italica e l’ha scardinata dall’interno dettando, senza volerlo, nuove regole. ‘Bianca’ fu infatti prodotto da Achille Manzotti, solitamente occupato a confezionare successi di cassetta. Piombò nelle sale come un fulmine ponendo all’ attenzione del grande pubblico l’enfant prodige del nostro scassato sistema cinematografico. All’epoca alcuni interpretarono la cosa come segno di resa del terribile Autarchico alle logiche commerciali… Mai previsione fu più sbagliata. Michele Apicella. L’alter ego di Moretti, mai come in questo film riesce a essere stridente e a infastidire il pubblico. Il senso di disagio per un personaggio che non si conforma agli schemi imposti che già era nato e cresciuto nei precedenti tre lungometraggi. Ma il tiro qui si sposta fino alla vetta più alta della filosofia Apicelliana. Dalla metafora teatrale amarissima e dai risvolti poetici di ‘Io sono un Autarchico’  si è passati a una tematica molto più complessa e scottante… la vita e la morte…
Lo spettatore alla confessione finale del sempre più tagliato fuori Michele Apicella non può che schierarsi dalla sua parte. Come può un uomo come lui aver barbaramente ucciso i suoi migliori amici. Eppure tutto è contro di lui.
Nel corso del film la caduta verso il buio del personaggio e contrappuntata da tutto il suo disagio verso il mondo attorno. Si passa dal monologo sul mont blanc alla tavola di due alunni che parlano di nozze, all’ allucinante resa incondizionata in spiaggia alla ricerca di un qualsiasi contatto fisico purché sia un calore umano… anche a rischio di essere scambiato per uno che cerca provocazioni, tra l’altro trovandole. Quando Michele affronta Bianca sulla terrazza di casa sua e dichiara la sua paura di essere felice, in vista di una infelicità, data per sicura, ancora a venire, la metamorfosi del personaggio è completa. A questo punto il professore ha sconfitto l’umanità intera e può permettersi di dare al commissario dritte di vita mentre lo stanno portando in galera. Nanni Moretti dal canto suo ha sconfitto le logiche commerciali e si appresta a intraprendere la seconda parte della sua crociata filmica che vedrà nell’ arco di due film l’accantonamento del suo alter ego e la presa di possesso della scena di lui stesso ad unire esterno ed interno del suo lavoro di destabilizzazione.

AUTARCHIA E BARBARIE

Ma facciamo un passo indietro e andiamo a vedere quale è stata la genesi del dualismo Apicella/Moretti. Dopo i due cortometraggi, ‘La sconfitta’ (1973 26min) e Paté de Buurgeios (1973 26min.) e il mediometraggio ‘Come parli frate’ (1974 52 min.) arriva nel 1976 l’esordio sulla lunga distanza con l’epocale ‘Io sono un Autarchico’. (95 min. girato in Super 8 gonfiato successivamente a 16mm) La storia in sé potrebbe anche essere divertente, il gruppo di attori off alle prese con la realizzazione di uno spettacolo, ma la critica generazionale insignita nel film è deflagrante. In pieno riflusso Moretti da il colpo definitivo alla cultura sperimentalistica post ’68….. la battuta storica ‘No il dibattito no..’ dipinge perfettamente la situazione. Macchina fissa, montaggio frammentario e schegge di storie a formare un quadro generazionale devastante e devastato.
“Si trattava di un film d’artificio. E cercava di essere il meno possibile sull’attualità. I personaggi dei miei film sembrano vivere in un acquario, non si parla mai di un avvenimento accaduto in quel periodo in cui è ambientato il film” dichiarava Moretti parlandone alcuni anni or sono. E in effetti la potenza di ‘Io sono un Autarchico’ sta proprio nel fatto che riesce ad essere una critica epocale senza interessarsi davvero agli avvenimenti dell’ epoca. In parole povere si può guardarlo oggi a venticinque anni di distanza che crea le stesse emozioni e non risulta datato.  Arriva cosi ‘Ecce bombo’ (1978 100min.) dove il vuoto pneumatico si fa pressante. Un gruppo di amici, intellettualoidi.. tra discorsi critiche e progetti… Ma in effetti non succede nulla… Anche qui la battuta epocale è “Ma cosa faccio in questo periodo esco faccio cose vedo gente..” un fantastico modo di ammettere la sconfitta…
Non faccio nulla ma lo faccio bene.
La fondamentale scena dei quattro amici che fanno l’alba per vedere il sorgere del sole e il sole sorge alle loro spalle disegna con amarezza la sconfitta e l’inadattabilità della generazione Apicelliana. Andare da Olga… tutti… ma nessuno arriverà alla destinazione se non un Michele Apicella sempre più stranito e in agghiacciante silenzio. A questo punto è pronto il colpo dall’interno, che arriverà puntuale con ‘Sogni d’oro’ (1981 105min.).
Michele qui è regista d’essai all’apice del successo e in piena crisi di ispirazione con il suo film ‘La mamma di Freud’ che non riesce a completare… proprio come Moretti, ripete all’ infinito la stessa scena perfezionista fino all’ inverosimile. I collegamenti tra l’esterno e l’interno cominciano così a manifestarsi. C’e la fantastica figura del critico che attacca la sua celebralità.. E il musical sulle lotte operaie che verrà ripreso nel finale di ‘Aprile’…. Ci sono sopratutto il bracciante lucano, il pastore sardo e la casalinga di Treviso come icone dell’ incomunicabilità filmica di Michele/Moretti.. Figure che con un grande e perfetto colpo di teatro appariranno in carne ed ossa.  Il film e la sua critica assieme, Moretti non ha più bisogno di nulla e si prepara a dare il colpo definitivo alla cinematografia dal proprio interno… Bianca è alle porte e la catarsi di Michele Apicella è in pieno svolgimento.

APICELLA DOCET

Bianca come punto nodale della parabola Morettiana dunque. Soprapassato questo fondamentale snodo Moretti accelera per una volta i tempi. A meno di un anno dall’ uscita di ‘Bianca’ sorprende tutti e esce con il suo nuovo film. Apicella scompare per la prima volta per far posto alla figura di Don Giulio. Il film è ‘La messa è finita’ (1985 94min.).
La religione secondo Moretti, il film è un guado, una riva dove rallentare prima della ripartenza. La difficoltà di capire è come sempre punto fisso dei suoi parti filmici. Qui con un grande esercizio di stile riesce a scollare di dosso alla figura del prete quella di macchietta che sempre nel cinema Italiano gli viene appiccicata…da Don Camillo in giù. La crisi di Don Giulio infatti ha radici molto profonde ma facilmente individuabili. La notizia che la sorella aspetta un figlio ma vuole abortire mette per l’ennesima volta in risalto la difficoltà di adeguarsi dei suoi personaggi. Ancora una volta il contrappunto musicale fa molto più di mille dialoghi e la danza in chiesa , finale surrealista, sulle note di Ritornerai di Bruno Lauzi, sotto gli occhi sgranati di Don Giulio, mette un altro punto nel sacco del regista. Il film vince l’orso d’oro al festival di Berlino, sorprendendo la critica del bel paese e consacrando Moretti definitivamente nel novero dei registi europei più apprezzati.
L’ultima apparizione di Michele Apicella è folgorante è ancora una volta perfetta. Il film è quello forse più controverso dell’ intera filmografia Morettiana. ‘Palombella rossa’ (1989 89min.) Per la prima volta la politica entra di prepotenza e con alta definizione nel panorama Apicelliano. Non più frammentarietà e fatti non narrati ma dito puntato e con decisione.  Il vuoto di memoria di Michele Apicella dirigente del P.C.I a seguito di un incidente è una perfetta scusa per scagliarsi contro la politica revisionista della sinistra Italiana. Il corpus del film si svolge attorno alla piscina Siciliana dove la squadra di pallanuoto del Monteverde, dove gioca Michele, sta sfidando l’Acireale. La dilatazione esagerata delle fasi del match fa da  contrappunto della visione del ‘Dottor Zivago’ al bar della piscina….. ‘Voltati Lara voltati…’ urla Michele disperato…..sapendo già che non sarà cosi… ma noi ci crediamo ancora.
La figura della giornalista che parla per paroloni e prende schiaffi è l’ennesimo manrovescio Morettiano alla cultura tutta sinistroide del difficile è bello.  I ricordi del passato di volantinaggio… (tratti dal vecchio corto ‘La sconfitta’) e il sol dell’ Avvenire dell’ incidente finale divisi dal rigore….. la palombella rossa che titola il film. Ed ecco lo stacco. Il Michele bimbo che ride in un angolo e l’adulto che tende le braccia al fasullo Sol dell’ avvenire.. E Michele Apicella si congeda.

LA PERSONALITA’

Arriva cosi ‘Caro Diario’ (1993 100min.) e Moretti si confessa al pubblico, si apre, si stende e si lascia scorrere sopra gli sguardi indiscreti. Apicella non c’è più e il protagonista del film e Nanni Moretti stesso. I tre episodi del opera cinematografica meritano di entrare nella storia recente del cinema per la fredda passionalità che sconvolge ma dall’interno. Ormai Moretti ha stravinto la sua battaglia e si permette di girare un episodio ‘Medici’, l’ultimo del film (gli altri sono ‘In vespa’ e ‘Isole’) su la malattia che lo ha colpito. Con freddezza chirurgica ci fa analizzare tutti i passaggi del suo calvario novello Gesu Cristo ironico e sprezzante come al solito ma anche tremendamente spaventato.
Si torna alla macchina da presa fissa come all’ inizio… In anticipo sul Dogma di Lars von Trier Moretti sviscera la realtà al cinema rendendo il cinema realtà.
Forse questo è il punto più alto della traiettoria distruttiva di Moretti nei confronti del cinema di maniera. La semplicità e il personalismo utilizzati per scardinale dalle sedie e farci stare davvero male.
Il diario pubblico di Moretti prosegue anche con il seguente film ‘Aprile’ (1998 80min) che copre il periodo che va dal marzo dell’ 94, con la vittoria di Berlusconi alle elezioni politiche, fino all’ aprile del ’97. Duro e difficile con gusti tutti suoi, stronca ‘Stange Days’ come aveva fatto con ‘Henry pioggia di sangue’ attacca Lucchetti suo allievo sul set di una pubblicità…
Ma la mitica battuta “D’Alema di qualcosa di sinistra, D’Alema di qualcosa di intelligente, D’Alema di qualcosa” segna lo stacco finale di Moretti dalla politica sinistroide . Ora c’è il figlio Pietro e il cinema che torna alla ribalta.
La ripresa del muscial su un pasticcere Trozkista clonata da ‘Ecce Bombo’ che chiuda il film è forse il segnale che Moretti ha compiuto il suo discorso e adesso si prepara alla mossa finale.
Ora può permettersi di entrare nel cinema facendo cinema. esce cosi nel 2001 ‘La stanza del figlio’.
Non c’è più lo splendido quarantenne che si deprime davanti alla parabola del metro…. Nanni diventa Giovanni il suo vero nome per esteso (è sintomatico no?!) e ritorna Laura ‘Bianca’ Morante, il cerchio si chiude.
L’ironicità viene subissata dalla tragedia e si apre una nuova fase nella costante evoluzione del cinema Morettiano, sempre in contrasto intelligente e sempre con la vena critica scoperta.