Arte – Guy debord – Ovvero…

«le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie e l’audaci imprese»

Era grigia Parigi il 30 novembre del 1994. I giornali ammonticchiati in un angolo non letti riportavano le “solite” notizie. In primo piano i problemi dell’Europa che veleggiava verso l’euro. La grandeur Francese come sempre faceva passare in secondo piano le beghe interne di governo.

Uno sparo riecheggiò, uno sparo che cambierà i titoli delle prime pagine dei giornali del mattino dopo. Con un colpo sparato direttamente nel cuore si era appena suicidato Guy Debord.

Sono lontani i giorni del 1967, anno in cui pubblicò il suo libro più illuminante la tesi La società dello Spettacolo, che da subito si impose come testo sacro della cultura non omologata, urlo di rifiuto di un presente che governa l’uomo e ne demolisce la sua veridicità.

Domattina i giornali Francesi inizieranno ad incensarlo, lui il più grande detrattore della stampa transalpina, la più conformista e patriottica della vecchia Europa. Quella stessa stampa che lo aveva spinto sulla china della depressione, e che forse l’ha mosso al suicidio dopo la infami accuse di aver macchinato e forse compiuto in prima persona l’omicidio dell’amico l’editore Gerard Lébovici. Debord aveva risposto a quelle infami accuse pubblicando un illuminate esposizione scritta che metteva sotto accusa tutto il sistema giornalistico e la sua forza deturpante e ontologica. Ma non era bastato l’appoggio del mondo culturale a salvarlo dalla china.

Il situazionismo e il suo creatore fondatore nonché ultimo esponente divengono uno maniera di essere e di parlare che riempie la bocca e gli armadi dei creativi, dei grafici, dei frequentatori di questo mondo falsamente vivace. Nel mondo pompato e fasullo dei media sta per avverarsi la teoria Debordiana che la morte verrà resa interessante e spettacolarizzata.

In verità c’è chi sosteneva che un uomo che in vita dichiarava:
“Ho trascorso il mio tempo in vari paesi d’Europa ed è stato alla metà del secolo, quando avevo diciannove anni, che ho iniziato a vivere una vita pienamente indipendente e mi sono subito sentito a casa mia nella più malfamata delle compagnie” o ancora,
“Quanto a me, non ho rimpianto mai nulla di quel che ho fatto e confesso di essere tuttora completamente incapace di immaginare cos’altro avrei potuto fare, essendo quello che sono.”
Non avrebbe potuto o dovuto suicidarsi.

Debord era un uomo che affermava:
"Devo stare attento a non istruire troppo chiunque"
Un aforisma geniale a commento della società dello spettacolo, che allora non era ancora la cloaca immensa che è oggi. 
Qualche anno fa è stato pubblicato un libro che varrebbe la pena di leggere, In girum imus nocte et consumimur igni (Oscar Mondadori 7euro), la sceneggiatura del suo film più poetico e feroce.
Basta poco a capire quanto Debord fosse trasversale e visionario, tanto da potersi permettere di pronunciare con rabbia l’ultima maledizione contro una società destinata alla morte. Nato nel 1932 giovanissimo aderì al movimento lettrista lo stesso raggruppamento dove si fece conoscere Jean Baudrillard. Ma Debord aveva delle idee più forte e radicali, abbandono i letteristi per fondare l’Internazionale Situazionista, gruppo di programmazione che ospito fra le proprie fila pensatori geniali quali Vaneigem e Pinot-Gallizio. Chiaro e vigoroso il ruolo che il drappello ebbe nella devastante conflagrazione culturale e sociale che accadde a Parigi nel 1968, era stata eretta “la grande situazione”, ribadita vent’anni dopo nel saggio Commentari sulla Società dello Spettacolo, libro in cui Debord sferro l’ennesimo attacco alle manipolazioni del sistema, libro che unisce idealmente i Situazionisti con la Jammer Culture.

«Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso»

L’essersi reso conto che in fondo anche gli spettacoli sono delle merci è stata probabilmente la più grande illuminazione avuta da Debord.
“Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini.” Dichiarava per poi aggiungere l’illuminante, “Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso”. In queste affermazioni si ritrova tutta la paura che l’uomo non sia più capace di genuinità, una naturalezza che viene al servizio di una falsa immagine della vita, che ha rimpiazzato l’uomo per divenire lo stato più importante della capacità di valutare il mondo.
Pensandoci è meno complicato di quanto non possa sembrare, in un mondo di immagini che utilizzano l’uomo stesso come immagine per rappresentare se stesse la propria forza diviene impossibile scindere l’uomo dalla propria immagine, lo spettacolo dalla realtà, la merce dalla vita. Si potrebbe considerare questo il più tragico mutamento della disillusa profezia Marxista, lanciata a proposito dell’ esaltazione, per cui ormai le relazioni sociali sono divenute “Rapporti di cose tra persone e rapporti sociali tra cose”.

CRITICA

Naturalmente c’è anche chi critica aspramente il movimento Sitazionista di Debord. Abbiamo letto un articolo molto graffiante tra le pagine di Luther Blisset. Con la loro proverbiale vena sarcastica i Blissettiani definiscono l’eminenza grigia del pensiero sovversivo Guy The Bore ovvero Guy "il noioso", paragonando il corteo funebre di memorie a lui dedicate simile a quello montato per la morte di Karl Popper.
Si inalberano duramente gli autori del pezzo: “The Bore non merita di finire nel pantheon della Memoria Storica di Sinistra, assieme a Pajetta e Berlinguer, dove vorrebbero collocarlo – seppur come "eretico" – i necrofori intellettuali clerico-togliattiani.”
La critica al suo movimento si fa davvero dura nel paragrafo:

NOTE PER UNA CONTROSTORIA DELL’INTERNAZIONALE

In cui si ricorda che il movimento nacque per costruire situazioni ergo ambienti momentanei di vita, di qualità passionale superiore", per mezzo dell’Urbanismo Unitario, scopo che a loro dire ando perso quasi subito poiché
“Come tutti sanno, la storia dell’I.S. dal 1957 in avanti è storia di scomuniche ed espulsioni, di settarismo e di evidenti scollature fra teoria e prassi, finché l’organizzazione si ridusse a due membri (Guy Debord e Gianfranco Sanguinetti)”
A questo proposito si potrebbe leggere anche il libro dei Blissettiani Guy Debord è morto davvero. Nei riferimenti del pezzo c’è anche il duro attacco di un intellettuale ai Blissettiani e la loro risposta.

Una risposta a “Arte – Guy debord – Ovvero…”

  1. guy debord è una lettura IMPRESCINDIBILE .. ma attenzione: se ne cogli tutto il portato di rivoluzione annichilita hai solo due strade: il riformismo o il suicidio. Io non mi sono ammazzato (per ora): è per questo che non voto Rif. Com 😉

    mv

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