Racconti (e musica) – La notte in cui il rock è morto


Il 30 dicembre del 2004 era un giovedì sera. In Europa faceva freddo, dall’altra parte del mondo no. A Buenos Aires in Argentina faceva caldo, un caldo umido e appicicaticcio, una sera perfetta per scolsarsi un sacco di birra e saltare davanti ad un palco.

 

Cosi pensavano Galia e Conte mentre si avviavano per le strade della capitale Argentina verso il locale República Cromagnón, un localaccio infimo ma stra cult per i giovani argentini. Una sera lontano dagli echi delle crisi, della crisi economica che dal 2001 squassa il paese, dalla paura, dalle proteste.

 

Domani l’Argentina newspaper titolerà “Il giorno in cui il rock è morto”, parafrasando i titoli dei giornali americani il giorno dopo la morte di Buddy Holly. Ma a Buenos Aires non sta per morire una rock star emergente, sta per morire una generazione.

 

Nel retropalco del República Cromagnón  Elio Delgado sta accordando la sua Sg in maniera automatica. Il basso di Christián Torrejón è gia apposto sul palco, cosi come lo strumento del chitarrista ritmica Maximiliano Djerfy. Patricio Santos Fontanet, detto Pato, si sta rischiarando la voce e Eduardo Vasquez picchia nell’aria a vuoto ripassando le parti di batteria. Juan Carbone ancora non è arrivato. Tra poi i Callejeros faranno il suondchek per stasera.

 

Sono dieci anni che battono in lungo e in largo l’Argentina. Da quel giugno del 1995 quando uscirono per la prima volta dal quartiere popolare di Villa Celina, quartiere popolare della capitale. Al tempo si chiamavano ancora Rio Verde e facevano cover di huck Berry, Creedence Clearwater Revival e Rolling Stones.

 

Con il nome di Callejeros inizieranno a suonare dal gennaio del 1997. Anche se il rpimo disco, “Sed” arriverà solo nel 2001, è il disco del loro primo sucesso cult “Vicioso, jugador y mujeriego”, ovvero vizioso, giocatore e donnaiolo.

 

Nel 2003 con “Presión” il successo arriva in tutta l’america latina, con un mix tra tango, bêlées, ritmi di candombe rioplatences, rock latino fino al rock’roll classico.

 

 

“Galia hai i biglietti vero, non voglio ritrovarmi fuori dal locale e perdere l’occasione di vedere da vicino i Calle…”

 

“Si, si Conte, non mi perderei per nulla al mondo un loro concerto in una discoteca. Oramai suonano solo per 10 mila persone la volta… li ho i biglietti, li ho”.

 

Galia e Conte entrano nelle lercie sale del República Cromagnón alle 23 in punto del 30 dicembre del 2004. Da li a pochi minuti le note di “Distinto” il primo singolo del nuovo disco dei Callejeros squarceranno il caldo e l’umido. Il nuovo disco si intitola “Rocanroles sin destino”, un grande disco…

 

Mancano pochi minuti a mezzanotte. Un gioco di luci e di fuochi d’artificio introduce “Tan perfecto que asusta”. Una scintilla colpisce un vecchio drappo di velluto consulto che copre il soffitto del decrepito e zeppo República Cromañón.

 

Fiamme. Tutti pensano ad un incredibile effetto pirotecnico. Ma sono fiamme.

 

“Cazzo Galia qui brucia tutto…”, urla Conte. Galia non risponde è già soffocato nella coltre di fumo che avolge in un attimo le prime file del locale.

 

Con lui moriranno carbonizzati 194 ragazzi argentini, i feriti saranno oltre 700.

 

E’ un alba tremenda quella dell’ultimo giorno del 2004 a Buenos Aires. Le sirene delle ambulanze nel quartirere di Once, dove si trovava il República Cromagnón hanno urlato per tutta la notte.

 

“Il giorno in cui il rock è morto”, titola l’Argentiona newspaper definendo quella che si saprà poi, a conti fatti, è la seconda meggiore tragedia non naturale in Argentina, secondo solo al bombardamento aereo al centro di Buenos Aires del 16 giugno del 1955 che fece 300 vittime.

In pochi giorni il sindaco della città,  Aníbal Ibarra, sarà costretto a dimettersi e lasciare il posto al suo vice, Jorge Telerman.

 

A Buenos Aires riprendono fuoco le proteste giovanili del 2001. Ci si accorge che le condizioni di sicurezza dei locali della capitale e di tutta l’Argentina sono disastrose.

 

I Callejeros torneranno sulle scene solo nel febbraio del 2006 al Festival Jesús María di  Córdoba. Prima del ritorno si indisse un vero e proprio referendum per decidere se fosse il caso o meno di tornare sulle scene. Un nuovo disco “Señales” e tanto ostracismo da parte dei legislatori che impongono per i loro concerti controlli incredibili.

 

Conte dopo quella tremenda serata smetterà di ascoltare rock. “E’ tempo di riscoprire le radici”, si dice.

 

 E l’unica cosa che riesce ad ascoltare è il Libertango di Astor Piazzola…

 

(in sottofondo "Morir" del gruppo rock argentino dei Callejeros. La storia raccontata nel racconto è tragicamente vera)

 

 

 

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