Racconti – Gli orgasmi di Siria


Siria guarda a lungo il suo corpo nudo. Le piace il suo corpo nudo ed eccitato. E’ incredibile come cambi rispetto all’immagine che da di se tutti i giorni.

Siria non si piace nella vita di tutti i giorni. Quando cammina veloce per andare a lavorare svicolando tra le vie strette della sua città trova che il suo corpo sia goffo e troppo grande, quasi come se non riuscisse a passare per i vicoli e si potesse incastrare da un momento all’altro.

Siria guarda il suo corpo nudo e si piace. Con un movimento veloce del polso fa penetrare il fallo di gomma rosa nel sesso già umido. Quasi senza volerlo la cosa le strappa un gemito. E’ un doppio piacere quello che la assale. Il piacere del suo corpo nudo che si trasforma e il piacere incontaminato dell’autocompiacimento masturbatorio.

Poi c’è il terzo piacere, il sentirsi osservata. Il sentirsi attrice che drammaticamente dispensa emozioni.

Siria alza gli occhi dal suo corpo nudo e il inchioda nei miei. Seduto di fronte a lei, immobile, la guardo. Reggo per qualche secondo la potenza spogliante del suo sguardo color seppia. Poi i miei occhi scivolano sul suo corpo nudo. Il collo che denuncia il respiro già un po’ affannoso, il solco tra i seni che luccica di un filo di sudore, i seni rigonfi di tensione ormonale, il ventre arrotondato, le gambe divaricate che non si vergognano di lasciare in piena luce il sesso messo in croce dal vibratore, che muove con ritmo preciso accerchiato dai rumori che i suoi umori fanno infrangendosi contro il corpo che la penetra.

Siria mi guarda e io rimango immobile. Mi offre il piacere del farsi osservare e di osservarla, spettatore inerte. I suoi occhi mi guardano acquosi ed eccitati ma so benissimo che non stanno veramente vedendo me. Godo del suo spettacolo carnale, del suo piacere di lasciarsi osservare. Dono che mi fa in absentia. Come se fossi un icona rappresentativa di chi non c’è, di quello che dovrebbe essere attore protagonista del corpo si Siria.

Siria sporge il sedere all’aria, verso l’alto. Il volto affonda nel cuscino, gli occhi ora sono chiusi. La velocità con cui muove la mano che impugna il fallo di gomma aumenta di colpo. Non mi guarda più adesso però sa che i miei occhi sono inchiodati sul suo culo. Ne posso sentire l’odore. Un misto di piacere e sudore che mi si insedia nel naso.

Il mio sesso pulsa. Ma non ho tempo per dedicarmi a lui. Rimango immobile e tutto il flusso delle mie forze passa attraverso gli occhi. Inchiodati su Siria, sul suo culo, quasi come se potessi penetrarlo, fotterlo, con gli occhi. I suoi gemiti aumentano. Il riflesso dell’umidità dei suoi umori è biancastro Sul suo sesso una patina opaca di secrezioni.

Potessi alzarmi da questa sedia intingerei un dito in quel succo come si fa su una torta ricoperta di panna montata e farei schioccare la lingua richiudendo le labbra sul dito inzuppato per godermi il suo sapore in bocca.

Non lo faccio. Poi vorrei altro, vorrei tutto, vorrei potermi dissetare con i suoi liquidi.

Sborra Siria. Siria sborra. Mai un termine così volgare e maschile è stato tanto nobilitato. Non l’ho mai pensato per le mie eiaculazioni solitarie, no, ma per gli orgasmi di Siria è perfetto, è esplicativo, è la perfezione, è poetico.

Poi silenzio, immobilità impregnata del suo odore. “Ti faccio vedere le nuove foto?”, dice ancora nuda, “Sto lavorando a delle post produzioni”.

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