RACCONTI – Gli umori di Demetra

demetra

Era difficile sostenere lo sguardo degli occhi fiammeggianti e azzurri di Demetra. Ma era una sfida a cui si era pian piano abituato. La guardava negli occhi e poi alternava e le guardava le mani, nervose. Le dita lunghe che si muovevano nell’aria. Le unghie corte ma curate. Demetra era una sorta di monolite. Una donna apparentemente inossidabile, la battuta pronta e tagliente, il sorriso beffardo.

Non ce la fai a sembrare dimessa neppure se ci provi lo sai vero?”, lei rideva. Diceva qualcosa di terribile, quasi fosse un camionista in trattoria, ma anche in questo caso non si riusciva a percepirla come sboccata, volgare. Demetra aveva la grazia dentro anche se si divertiva a massacrarla.

Seduti di fronte nella piazza assolata dei primi giorni di una primavera. Guardava demetra e non poteva non pensare ad una terribile vecchia canzoncina pop che nel ritornello recitava: “Bella più di tanto, anche quando si faceva notte in bianco. Bella più di tanto anche adesso che mi sei di fronte e non di fianco”. Non avrebbe mai confessato a Demetra di associarla a quel vecchio pezzo, lei tutta chitarre distorte e musica pesante. Ma era così perfetta. Demetra era lucente anche dopo il turno di notte in fabbrica. Altro che la Vincenzina di Jannacci.

Demetra mi piacerebbe annusarti quando torni dal lavoro dopo una notte di sudore”, lei sorrideva e cambiava discorso, salvo poi rimettere la palla della sensualità al centro del discorso con una frase, con uno sguardo, con un movimento.. “Ma che annusarmi. E poi noi donne siamo sempre un po’ stronze. Flirtiamo ma siete voi che dovete sudare prima che ve la diamo. Sempre che la diamo”.

Mentre lo diceva gli occhi sembravano diventare ancora più brillanti. Tanto che spesso era costretto ad abbassare lo sguardo e rifugiarsi nell’osservazione delle mani. Allora magari succedeva che la fantasia lo portava via. Quelle mani le immaginava correre su quel corpo nervoso e scattante. Così lontano dai canoni di bellezza che lui adorava eppure così dannatamente attraente.

Mi piacerebbe assaggiare i tuoi umori”, appena riprendeva fiato dai suoi sguardi tornava all’attacco. Era una partita persa quella con Demetra, ma era stupendo giocarla. “Avresti molto da assaggiare”, la sua risposta era stata una fucilata da rimanere senza fiato.

Sarebbe bello, si mi piacerebbe, si..”, quasi balbettando aveva cercato di riprendersi. Ma Demetra lo aveva affondato. Lì in una piazza assolata di un giorno di primavera. Aveva lasciato scivolare la mano nervosa nei jeans stretti. Poi gli aveva porto un dito, umido di umore biancastro, “ma sei eccitata?”, aveva detto lui definitivamente a ko, “sono umana, mi chiedi certe cose… vuoi assaggiare? Ecco succhiami il dito”.

Aveva deglutito e aveva esitato due secondi eterni. Poi piano si era avvicinato con le labbra alla punta del dito, aveva percepito prima l’odore leggermente aspro e intenso. Poi il sapore di Demetra aveva invaso la sua bocca lasciandolo senza respiro, un sapore indescrivibile, forte, delicato, intenso, dissolvente, quello che aveva immaginato e quello che mai avrebbe intuito.

Adesso andiamo, ho tremila cose da fare a casa oggi”, prima ancora che la sensazione che tutto fosse immobile si dissolvesse, prima ancora che tutto si rimettesse in moto, Demetra si era alzata girandogli le spalle. E quella volta non ce l’aveva fatta neppure ad accorgersene in tempo per guardarle il culo.