Racconti – Il batterista che amava stare davanti (ciao Max Roach)

Dovrei stare dietro, ma in realtà sto davanti.

Oddio amavo stare davanti di più nel 1954 quando a fianco a me c’era Clifford. Poi lui è morto, aveva solo 26 anni ed era il giugno del 1956. Un maledetto incidente stradale che si è portato via anche Richie, il fratellino di Bud.

Ricordo ancora i titoli dei giornali: Clifford Brown e Richie Powell, due giovani stelle del jazz scompaiano in un incidente stradale.

Da allora non sono più riuscito ad ascoltare quel disco che vinse anche il Grand prix du disque. C’erano tutti e due a fianco a me, davanti, e mi chiamavano zio Max, anche se più o meno avevamo la stessa età.

E c’era Harold Land, che dopo la morte di Clifford se ne andò per lasciare spazio al quel pazzo di Sonny Rollins che sono nella mia band trovo un po’ di pace.

E io ero lì davanti, anche se in realtà avrei dovuto stare dietro. Già perché la batteria sta dietro.

Ma io sono un sopravvissuto, e allora ero così, spregiudicato: Max Roach cambia il mondo delle percussioni jazz, troverete scritto nelle biografie del jazz.

Ma a me non fregava nulla, volevo solo stare davanti con Clifford per guardarlo suonare la tromba e divertirmi.

E poi lo schianto e poi Sonny che a fianco a me, che col suo sax non era certo Clifford. Così chiuso così dannatamente scontroso.

Con lui in realtà ho registrato il disco più politicamente importante della mia vita: “We insist!”, dove c’era la Freedom suite, un pezzo di me per i diritti degli afroamericani.

E con lui spesso sono stato sul ponte di Williamsburg, quel ponte che collega Manhattan a Brooklyn dove andava a suonare e a esercitarsi in uno dei suoi tanti ritiri della scene. Solo i battelli potevano vederli li, ingobbito. E io me ne stavo appoggiato in un angolo a sentirlo, e spesso arrivava anche Steve Lacy.

Bei tempi, anche lui è un sopravvissuto…
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Maxwell Lemuel Roach è morto ieri, il 16 agosto del 2007, nella sua casa a New York dopo una lunga malattia. Wikipedia recita: è stato un batterista, percussionista e compositore statunitense, considerato uno dei più importanti esponenti del suo strumento nella storia del jazz.
E’ stato davvero un rivoluzionario nel suo strumento, e nella storia dei diritti degli afroamericani. Il suo periodo d’oro è stato il biennio a fianco di Clifford Brown, tra il 1954 e il 1956, di cui si ricorda “In concert”, citato nel racconto. Dopo la morte dell’amico subì un duro colpo. La bella amicizia con lo schivo Rollins, monumento vivente e davvero sopravvissuto del jazz, lo riporta in alto.
L’incisione della Freedom suite è un evento.
Personalmente adoro il disco “Max”, un piccolo capolavoro di hard bop uscito per la Chessmates
negli anni ’60.

 

 

4 Risposte a “Racconti – Il batterista che amava stare davanti (ciao Max Roach)”

  1. Non seguo il jazz per cui non conosco questo batterista.

    Mi spiace per la sua morte. Cercherò qualcosa su di lui, per la curiosità, qualche canzone.

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