Racconti – Insicurezza in maglia nera


La maglia nera, un po’ infagottata, non riesce nonostante tutti i suoi tentativi ad affogare il profilo del seno. La felpa legata in vita cala invece sul sedere, si può solo immaginane la sagoma. Strano tenere la felpa in vita in casa. Federica si siede al tavolo quadrato della sua cucina mentre l’acqua per il the bolle. Sposta in un angolo il piccolo pc appoggiato sul tavolo, come se il tavolo fosse ingombro, ma il tavolo è vuoto.

Completamente spoglia dal suo ruolo pubblico sembra molto più giovane di quello che è in realtà. I tailleur da sostituto procuratore con cui la si vede spesso nelle foto che compaiono sui giornali pare che non possano neppure trovare spazio nella piccola casa. Chissà dove li tiene?

“Anche se dovessi mettermi in piazza con un cartello in fronte non mi vorrebbe nessuno”. Dice queste parole mentre la guardo. Mentre senza ritegno scendo con gli occhi su e giù. Le braccia nervose, i capelli raccolti, gli occhi spalancati, il seno sensuale che cerca di nascondersi nella maglia nera.

Non riesco a non pensare, e poi non dire, che se questa non fosse la realtà ma un film adesso mi alzerei e le toccherei il collo e poi le spalle cercando con le narici il profumo di questa donna spianata dall’insicurezza che il suo ruolo normalmente non gli permette di vivere.

Ma questa è la realtà. Anche se il profilo rosso attorno ai tetti della piccola città disegna uno skyline di sensuale tramonto se abbasso lo sguardo vedo la mia bicicletta incatenata, e se metto le mani in tasca trovo il promemoria che mi ricorda che devo andare a prendere la carne macinata per il cane.

Ma io ho sembra danzato sul filo della realtà. No non mi alzo. Ma con candore spiazzo Federica dicendole quanto la trovi attraente e sensuale, nonostante il maglione infagottante, nonostante la felpa sul sedere, nonostante il fiume in piena di insicurezza che affoga anche i ferormoni.

Almeno, credevo di spiazzarla di candore, ma non la spiazzo. Anzi, piega un filo il capo, mi ringrazia, ma non lo fa con civetteria da donna che raccoglie ciò che le spetta, ma con dolcezza da ragazza che apprezza una carezza quando le viene data senza chiedersi perché.

“Ti chiamerò Candy Candy”, scherzo dopo che il fiume del racconto delle paure solide pare arrivato alla fonte. Parlo, mi piace farlo quando mi sento libero. Senza ascoltare il suono della mia voce, senza interrogarmi sul senso delle frasi che rimbalzano sul tavolo sgombro, le cadono in grembo e si dissolvono nel dolce the verde tiepido che sorseggia.

La abbraccio sulla porta uscendo per andare dal macellaio. Mi viene un abbraccio fraterno, anche se sento il seno che preme sul petto ed è una bella sensazione. Schiocco un bacio da bambino vicino all’orecchio. Speriamo di non averle sfondato un timpano.

“Sii sicura di te Federica”, le dico da insicuro. “E stato un bel pomeriggio”, mi spiazza lei. Brava, dì le cose che pensi. Poi sblocco il lucchetto e salto sulla bici, magari settimana prossima passo a fare quatto chiacchiere. Ora però devo andare dal macellaio.

5 Risposte a “Racconti – Insicurezza in maglia nera”

I commenti sono chiusi.