Racconti – Istantanea di un pomeriggio di mare (bianco vibrazione e nero sudore)

Bianco e nero, nero e bianco. A strisce bianche e nere e la salvietta stesa sul lettino. A pallini bianchi e neri è il costume di Lei stesa sopra al lettino. Tutto attorno è silenzio. Calato sotto un cappellino Lui è immobile steso all’ombra, anche Lei è ferma ma inchiodata sotto il sole rovente. La pelle arrossata di chi sta abbronzando in maniera forzata.
 
Immobile Lui, immobile Lei. Il bianco e nero dei colori e quello della situazione. Nel riflesso del sole sembrano esaltati i pallini del costume di Lei: nero, nero nero.

 Poi tutto è bianco. La luce che si sta abbassando all’orizzonte sul mare e che proietta le ombre un po’ più lunghe e Lei, donna sconosciuta, che si alza dal lettino prendisole. Dopo minuti o forse ore nere di immobili sensazioni in cui danzavano al sole i pallini neri del costume e i nei di Lei sulla pelle rossa in una sensuale danza di colori adesso è il bianco del movimento a svettare.

Lei butta la testa all’indietro per raccogliere i capelli, scoperta ed indifesa. Lui immobile osserva il movimento veloce e fluido, sicuro e arrotondato del suo corpo che sconfigge il bianco e il nero e fluido danza in scala di grigi.
La stessa scala di grigi che Lei per ore ha senza sosta ha mentalmente salito e sceso stando immobile sotto il sole che le brucia la pelle. Per ore Lei permette al sole di scaldarla, ma anche di pungerla con i suoi mille aghi sottili.

Si offre a quello sfregio cocente con una sorta di piacere che sovente la fa sorridere, così, da sola, senza apparente motivo, consapevole dell’inspiegabile. Eppure è così: la sensazione della propria pelle in impotente rivolta contro le sciabolate del sole a picco la fa sentire bene, davvero bene. ed è in questi lunghi attimi, ore, che la sua mente sale e scende la scala di grigi: apparentemente sopita, sgombra, frastornata dalla musica dell’Ipod, è invece dis-tratta da un turbinio di immagini in scala di grigi.

Nessuno, vedendola abbandonata sotto il sole, chiusa nella  sua immobilità, spezzata solo da un tuffo in mare che le permette di sopravvivere ai raggi di quella palla rovente che la sovrasta che cerca senza sosta, può immaginare colori  e profumi dei suoi pensieri.
Così finché la luce accecante lascia spazio ai caldi colori del tramonto e Lei, con una risolutezza inaspettata, si alza dal lettino e si raccoglie i capelli. Raccogliersi i capelli è per Lei un modo inconfessato di difendersi, un simbolo esteriore che la aiuta ad essere presente a se stessa.

Ecco Lei se ne va. Sembra cosi sicura di se, staccata, distante. Abbandona sul lettino le cuffiette del lettore mp3. Chissà che cosa stava ascoltando? Lui la guardava mentre ogni tanto sorrideva, ad occhi chiusi. Isolata dal mondo in un bagno di colori che è tutto suo. Una tavolozza che non si riesce ad afferrare.

Lui è solo bianco e nero, e una sfumatura di rosso, quella della pelle accarezzata dal sole. Chissà chi accarezza davvero la sua pelle? Ora la sta accarezzando l’acqua tiepida di questo mare. Si è immersa piano camminando lenta sulla sabbia. Le impronte che ha lascito sulla battigia umida sono già state inghiottite dal riflusso spumoso delle onde.
A quest’ora di tramonto in acqua c’è solo Lei. Lui immagina il costume bagnato a contatto con la pelle, l’acqua salata che avrà per un attimo cancellato il profumo vero ed eccitante di epidermide e sole che Lei aveva di sicuro nel momento in cui si è alzata dal lettino per andare verso il mare. Tegumento che trasuda sensualità.

Lui annusa l’aria. In quel momento è come se una scia di Lei si srotolasse nell’aria. Forse è solo un impressione, forse è l’avanguardia della sua tavolozza di colori che non si può davvero percepire che sfiora il bianco e nero di Lui.
Lui che ora la guarda nel silenzio rumoroso dello sciabordio dell’acqua… Un attimo, un attimo, un attimo….di apnea, quel tanto che basta per tuffarsi, sparire sott’acqua e riemergere qualche metro più in là e lavarsi dall’odore acre che emana la pelle cotta. al tramonto il mare si fa più calmo, più caldo, più avvolgente e protettivo.

Lei nuota con movimenti lenti e regolari, ogni tanto si immerge completamente e sembra che stia cercando un nascondiglio tutto suo. In questi lunghi momenti in cui scivola non vista sott’acqua ride fra se pensando che, sì in fin dei conti fuma, e anche parecchio, ma, caspita, che fiato che ha….ancora.
Decide d’improvviso che è ora di uscire dall’acqua e lo fa veloce, barcollando ogni tanto per via dei sassi aguzzi del fondale. Eccola, Lei,  è fuori e lascia asciugare dalla brezza che è salita e dall’ultimo sole. Intanto maldestramente si raccoglie ancora i capelli che le onde avevano quasi sciolto e pensa che sì, ha fatto bene, quella volta, a non tagliarsi i capelli per autopunirsi di qualcosa: ha fatto un gran bene!

Lui continua ad osservarla. Mentre usciva dall’acqua ha pensato che per un attimo potesse emergere mezza donna e mezzo pesce: una sirena. Ma quando riemerge davvero ha ancora le gambe, le gambe che adesso la porteranno via per sempre
La spiaggia è ormai quasi deserta e avvolta nella penombra, non ci saranno più di due o tre persone. Lui sonnecchia dalla mattina sotto il suo cappellino a becca è ancora li non ha mai cambiato posizione. Lei pensa che deve essere un tipo strano e riprendendo la scala di grigio dei sui pensieri pensa che è ha voglia di camminare camminare camminare.
Lui riflette ora, pensa ai casi della vita che fanno incrociare certe persone che stanno a migliaia di chilometri da noi e non ci lasciano avvicinare alla bella vicina che sta al piano di sotto. Pensieri del cazzo da fine giornata al mare.

Lei ora è a un metro da Lui: la luce alle spalle esalta i contorni e sfoca tutto il resto. Lui la inquadra con gli occhi, con la voglia sensuale nello stomaco come se fosse  un filmetto di terza categoria, un laguna blu sospeso in una spiaggia di un villaggio turistico. Altri pensieri stupidi da fine giornata. Tutto per sfuggire alla sola cosa logica che dovrebbe fare: dare aria alle corde vocali dire qualche parola, a caso, e cercare di parlare con la sconosciuta. Sentirne la voce.
Ma Lei sembra attirata da un punto all’orizzonte. Rimane sospesa un attimo nel silenzio… un attimo lunghissimo prima di parlare.

Lei è erma ora, immobile sulla battigia verdognola del tramonto immersa nell’idea di essere stata per un attimo un delfino nell’acqua, una sirena. Pensieri che vengono spezzati da una parola: ciao.

E’ Lui ad averla pronunciata. Lei onestamente la trova inappropriata e un po’ fastidiosa.

Quel saluto, così naturale ma inaspettato la disorienta: sbuffa e non riesce a nascondere il proprio disappunto. Senza rispondere comincia a rivestirsi per abbandonare la spiaggia.

Intanto pensa al motivo di questa sua reazione così scostante.
Normalmente ne sarebbe stata lieta e lieta avrebbe risposto. Questa volta no, chissà perché.

Ne è certa: il saluto è arrivato dal tizio con il cappello a becca. Quel Lui che non le va a genio, eppure ne è incuriosita. Adesso Lei pensa che non ha la minima voglia di fare conoscenze, tantomeno con uno che fugge il sole.

Lo trova idiota: perché spendere soldi per starsene all’ombra in posto dove l’unica attrattiva è il sole?

Ora Lei si lega i capelli, ancora una volta quel movimento che Lui guarda per l’ultima volta, forse nella vita.

Ora Lei è vestita. Se ne va sapendo che non avere risposto al saluto la farà sentire male, eppure non si volta nemmeno per un cenno impercettibile, ma eloquente.

(racconto scritto a 4 mani con una cara amica che sono davvero contento abbia giocato con me)