Racconti – Key

Se pensavo a Key avevo una serie di immagini ricorrenti, ma simili, di lei. Un corpo magro, nervoso e sensuale, nascosto sotto un vecchio playd, ranicchiato su un divano. Un film horror e una valanga di dolci in mano.

Si, se penso a Key mi viene sempre in mente con il suo strano, splendido, sorriso e il suo dolcetto in mano. Quei dolci da pubblicità con i nomi strani in rima. Li adorava.

Se ancora adesso ripenso a Key mi viene da sorridere anche se dentro mi si spacca lo stomaco.

Penso sempre a Key.

Quando mi torna in mente la ricordo lì, distratta davanti ad un film horror, col suo dolcetto in mano, che parla, mi parla, o ascolta, mi ascolta.

Non ho mai conosciuto nessun altro che sapeva ascoltare come Key. A lei ho raccontato, credo, davvero tutto della mia vita, così, senza cronologia, a caso,seguendo il flusso dei pensieri, come se parlassi con me stesso.

In fondo credo di avere pensato che Key fosse una proiezione della mia mente fino al giorno in cui non ho sentito il suo corpo cedere sotto le mie braccia, cedere di schianto, senza scricchiolii, senza dolore, ma questa in fondo è un’altra storia.

Penso spesso a Key, e me ma vedo con i suoi dolcetti, cibo preferito, e la sua pizza, e le tirate sull’essere vegetariani. Lei lo era convinta, magra, in forma. Io no, afasico, senza voglia di stare a pensare, grassoccio.

Mi piace davvero pensare a Key, nonostante tutto mi rende ancora belle le giornate, anche se non è qui, è lontana.

L’avevo vista un giorno per caso e mi aveva attirato l’aspetto maledetto, nero, gotico. Quanto mi sbagliavo. L’avevo vista in un periodo in cui ero attratto ed incuriosito da pelle, catene, fruste, sottomissioni… Sembrava far parte di quel mondo, che mi attirava un po’ e un po mi metteva repulsione e paura, ma non lo era, almeno credo.

Cercavo trasgressione e nuove forme di stimolo e mi trovai di fronte un flusso di coscienza.
Key era la mia coscienza incarnata, e io credo di essere stato per un po’ la sua…

Se penso a Key penso alle lunghe chiacchierate che abbiamo fatto per mesi, seduti uno di fronte all’altro, tirando fuori di tutto senza mai scomporci.

Credo di averle voluto bene dal primo momento, per quel suo essere schietta, chiara, tranciante.

"Non morire – disse un giorno rispondendo ad un mio attacco paranoico – almeno fino a quando non mi sarò stufata di parlare con te", ancora adesso mi scuote questa uscita, una delle tente di Key.

Come le sue risate acute, e il suo corpo magro così diverso dai canoni della mia sessualità femminile. Così diverso. Ma mai così vicino.

Se penso a Key non posso non pensare l’ultima sera che l’ho vista prima di finire qui dove sono adesso. Lontano mille miglia de Key e dalle mie ossesioni, in mezzo al mare, o sotto uno strato di terra. Spleologo, palombaro, sotterrato e annegato nella vita.

Mi aveva sempre detto di adorare la fisicità, come la adoro io, ma nessuno aveva mai mosso un dito verso il corpo dell’altro.

Se penso a Key penso al suo corpo tra le mie braccia, al mio che ha posseduto per un attimo senza violarlo.

Se penso a Key penso che il suo abbraccio secco, nervoso, è stato il più bello e vero che ho ricevuto nella mia vita.

3 Risposte a “Racconti – Key”

  1. Se pensi invece a Giulia, la abbracci ….la sfiori con le tue dita, pizzicandola e facendole emettere dolci suoni… tu le rispondi ….le vai a dietro mantenendo il ritmo….vedi…

    e’ molto più bello ora….

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