Racconti – Nutrimi (le vie del desiderio)


Ti guardo da sotto e non vedo il tuo viso. Lo immagino solo da qui.

Vedo solo la pelle tesa del tuo ventre nudo, l’ombelico che invece che essere una rientranza spunta fuori a bottone, un bottone su un cuscino…

Non c’è una parola italiana che descriva in maniera esatta la gravidanza. Gravidanza sembra una cosa tecnica, in attesa, un giro di parole, in cinta, neppure.

Eppure una donna che sta per diventare madre è una visione di una sensualità prorompente.

Chiariamo subito, non è mio figlio quello che porti in grembo. Non voglio figli e credo che mai ne avrò. Il padre di quel figlio che sta per nascere è lontanissimo da qui e da te. Per lui la visione di te e del tuo corpo mutato è una visione di fragilità e di responsabilità. Vede te con il pancione e immagina notti insonni a cambiare pannolini.

Io no. Vedo te con il pancione e vedo una donna, il suo corpo, una mutazione che mi mette in una condizione di tensione emotiva e fisica incredibile.

Non vedo il tuo seno da qui, vedo solo il cuscino col bottone. Lo immagino come immagino il tuo viso. Gonfio e teso, col latte che sfiora l’orlo della pelle e vorrebbe sgorgare.

Per te è un problema di cui quasi vergognarsi quando ti chiazza la maglietta. Le gocce che scappano via ti mettono in imbarazzo…

Chissà che sapore ha?

Mai piaciuto il latte, ma pensare che potrei nutrirmi di te mi scuote ancora di più di quello che sono.

Sono qui fermo con gli occhi piantati sul tuo cuscino col bottone. Vedo le tue gambe nude, i tuoi piedi. Un po’ gonfie, stanche dal peso.

Invece che i colori da sciogliere sulla tavolozza per dipingerti vorrei sciogliere della crema tra le mani e massaggiarti.

Mi hai chiesto di dipingerti così, col pancione.

Ti ho detto di si senza immaginare a cosa andavo incontro. Ho avuto nude in studio decine di modelle. Le ho dipinte eccitato come un fotografo industriale che sta mettendo in ordine i pezzi che andranno sul catalogo invernale della produzione aziendale.

Credevo in questi anni di essere sulla strada dell’omosessualità, o perlomeno del nulla sensuale e sessuale.

Poi arriva una vecchia amica gravida di otto mesi, si spoglia per il vezzo di avere un quadro che la ritragga in quel momento della sua vita e io mi ritrovo eccitato come un ragazzino che vede la cuginetta spogliarsi per caso…

Lo so che hai percepito la mia eccitazione perché sei un po’ arrossita quando hai notato che il mi sguardo non era più quello del pittore ma quello dell’uomo eccitato da morire… Ma con vezzo ti sei aggiustata sul seggiolino a trespolo dove hai scelto di farti ritrarre. Una goccia di latte dal seno, non ti ha infastidito anzi l’hai lasciata scivolare giù sul ventre gonfio.

Ora sono seduto ai tuoi piedi.

Chiacchieriamo un po’ come se fossimo al bar. Invece te sei nuda su uno sgabello e io seduto a dieci centimetri dai tuoi piedi.

Non ti vedo il volto, Arianna, non ti vedo il seno, Arianna, sento la voce dolce con cui mi parli. Già madre nel tono, ma con una vena di sensualità che percuote i miei ormoni che rimbalzano…

Sento il tuo profumo, anzi il tuo odore di donna madre che mi accarezza con violenza.

Ti sfioro, prendo un piede. Contatto fisico…

 Non vedo il tuo viso ma lo immagino, smetti di parlare e allunghi un po’ la gamba.

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