RACCONTI – Patrizia vuole dormire

Why-Should-Women-Sleep-Alone-2

Il desiderio totale di abbandono era solido. “Ti ho sognato e mi addormentavo nella penombra accanto a te nel tuo letto”. La reazione era stata quella di guardare al suo fianco, laddove solitamente il letto era pieno di oggetti inanimati e allungare la mano a toccare il materasso. Come se quelle parole avessero di colpo dato un senso e una dimensione ad un luogo prima inesistente. La trasparenza di Patrizia era disarmante. Era li di fronte, con una tazza di the fumante tra le mani. Seduta composta. Le ginocchia unite, la schiena perfettamente perpendicolare allo schienale della sua sedia. Sentiva la pressione lieve del suo sguardo addosso e si sentiva piacevolmente analizzato, “si analizzo e studio tutto”, disse lei nel silenzio rarefatto quasi come se potesse captare un pensiero prima ancora che si materializzasse.

Lui era partito con una delle filippiche emotive e filosofiche di cui era capace da anni, col pilota automatico, un’ottima strategia per pensare a cosa dire davvero a Patrizia di sensato mascherata da cortina di fumo. Riusciva a dissimulare bene emozioni e pensiero. Ma aveva l’impressione che quella strana ragazza che aveva la metà dei suo anni avesse password e codici per decrittare i suoi metodi di difesa. Intanto aveva abbattuto a colpi di ovvie e geniali visuali i discorsi con i quali era solito avvicinarsi alle donne. Sesso si, sentimenti no. Ma in un attimo le carte si erano rimescolate.

Per un attimo si era chiesto “ma cosa vuole davvero”, ma era stato solo un flash. Dopo si era ritrovato a raccontare antichi dolori mai davvero leniti e troppo spesso sotterrati nel nulla compresso del rumore digitale con il quale amava circondarsi come forma di autodifesa. Ma gli strani desideri di una donna che si dichiarava uomo ma che aveva la femminile sensualità protettiva arcaica di una donna ancestrale lo avevano attratto.  Dormire, la cosa più lontana dalla presenza sulla scena e dal corpo protagonista, trasformato in un atto sessuale di intensità primigenia.

Mi lascio trasportare e atterro sempre nello stesso posto, in un posto dove posso non essere io e addormentarmi con tutti quelli a cui vorrei dare amore”, cazzo a lui che pensava alla carnalità, alle tette, ai culi, quelle parole avrebbero dovuto sembrare una follia giovanile. Eppure in bocca a Patrizia erano di una forza devastante. “Io cerco sempre di sentirmi allieva, ma alle volte mi spavento dei miei pensieri”, e dietro alle lenti degli occhiali e agli occhi grandi era balenato qualcosa che subito si era nascosto, qualcosa che avrebbe potuto spiegare l’origine del mondo.

Li Lui aveva sorriso. Un sorriso spontaneo difficile da vedere sul volto da inacidito quarantenne ammaccato dalla vita. C’era un che di folle a pensarsi maestro di vita, a pensarsi pensato, a pensarsi dormire a fianco di una ragazza uomo che ha dolcezza da regalare. Poi Patrizia aveva finito il suo the, aveva appoggiato la tazza sulla scrivania e si era alzata dalla sedia. Nella stanza si era mossa l’aria e il profumo di una lieve tensione emotiva gli era arrivato forte in testa.

Non ti preoccupare”, era stato capace di dire solo quello mentre la accompagnava alla porta e la guardava scendere dalle scale con il passo danzante di chi ha vent’anni e cammina verso il futuro.