A livello di gusti femminili… ero un uomo normale. Se vedevo una donna ero attratto con lo sguardo dalle tette. Grandi tette, donna piacevole, attrazione… ero un nuovo normale, fino a quel momento.
Sabato di nebbia. Locale fumoso, appoggiato al bancone, un cuba libre in mano, una band sul palco che suona un rock scontato. Nel miasmi di sudore del locale, un profumo si insinua alle mie narici e mi volto.
Una ragazza, magra, di schiena, balla a testa bassa qui di fianco a me, spalle aguzze, pantaloni neri aderenti, culo mica male, ma un po’ troppo magro per i miei gusti, Una maglietta corta ascia scoperta parte della schiena. Ha movenze sensuali, ma non è certo il mio tipo di donna.
Poi si girò, e da quel momento non fui più un uomo normale.
I capelli lisci, fini, sulle spalle. Gli occhi un po’ scavati da chi dorme poco, le pupille leggermente dilatate, caratteristiche di chi ha occhi chiari, come me, come lei. Le dita lunghe, affusolate, nervose, un anello d’argento con cui gioca. Il ventre scoperto.
Dai pantaloni a vita bassa esce per alcuni centimetri una cicatrice, una cicatrice che passa vicino all’ombelico, a destra, e sale, Non è dritta da taglio netto, frastagliata. Rossa che spicca sulla pancia bianca.
La cosa più sensuale che avessi mai visto. La mia mente si ribello al fatto che i trasmettitori elettrici stavano partendo verso il mio sesso alla vista di una cicatrice. Ma era troppo tardi. Meno sangue al cervello, più sangue tra le gambe. “Hai da accendere”, lei che si rivolge a me.
Non fumavo, ma recuperai al volo un accendino. Una lucky tra le sue labbra.
“Bevi qualcosa”, scontatissimo, “Si, grazie”, gentile, “Esco a fumare, mi fai compagnia”.
Nonostante il freddo, il giubbetto infilato, la maglia rimane alzata e la cicatrice in vista.
Non riesco a staccare lo sguardo, “Me la sono fatta da sola”, mi dice dopo un po’ che parliamo vedendo che il mio sguardo indugia lì.
Non era mai successo, mai nella mia vita. Mai mi era successo di andarmene da un locale con una donna conosciuta la sera stessa. Eppure con lei successe.
Si chiamava Caterina, ma Cut era il nomignolo, mai cosi azzeccato, con cui si faceva chiamare.
Ebbi il suo corpo e la sua cicatrice quella sera stessa. In una camera illuminata solo da una lampada di sale, da una lucetta di cortesia bluastra e da una televisione senz’audio che trasmetteva un dvd di un film orientale.
Tra le sue gambe. Lei seduta, semisdraiata, con tre cuscini sotto la schiena. Io steso tra le sue gambe. Col volto all’altezza del suo ventre.
La prima cosa che feci fu leccare la sua cicatrice. Non mi sorprese il suo gemito quando con la punta della lingua sfiorai il taglio.
Un taglio rossastro, sembrava pulsare, una seconda vagina, sul ventre. Impenetrabile ma vogliosa di essere al centro dell’attenzione.
Le sue mani sulla testa come se invece che una cicatrice stessi leccandole il sesso.
E al suo sesso arrivai, dopo aver indugiato sulla cicatrice per tanto, tantissimo tempo. Era bagnato, dolce. Accolsi il suo piacere, poco dopo, e mi addormentai lì. Tra le sue gambe, guardando la sua cicatrice e sentendo il profumo del suo sesso.
Il rapporto con Cut fu intensissimo e portò lontano, molto lontano, dagli orizzonti che conoscevo e a cui ero abituato.
Alle volte sembrava che cercassimo il sangue l’uno dell’altro.
Alle volte lo si trovava anche il sangue l’uno dell’altro.
La mia psoriasi sfaldata dalle unghie e dalle dita, il sangue colava sul serio, le labbra morse, il sesso durante le mestruazioni. Rimaneva sempre qualche goccia di sangue sulle lenzuola dopo che ci eravamo posseduti…
Ho adorato il suo corpo e le sue cicatrici. Altre ne aveva sul corpo. Tutte procurate da sola. Le ho amate tutte, con dolcezza, tenerezza e sensualità. Sono venuto su ognuna di loro e ho lasciato che lei amasse i miei dolori…
E dopo Cut per me non c’è stato più nulla, niente sesso, niente tette grandi, culi larghi….
…se poi pensiamo a tutte le ferite che portiamo dentro di noi…ce ne sarebbero tantissime da sanare!!
che bello…oggi ho pianto e avevo bisogno di emozioni…le ritrovo tra le tue pagine… le ferite interiori però non le trova sensuali nessuno… diventato “patetiche”…
…no care Benedetta e Syn
Le ferite interiori sono più difficili da mostrare. Iconograficamente parlando. Sono nascoste, se ne stanno sottopelle come un serpente sotto la sabbia.
…una cicatrice sulla pelle invece è un manifestao che urla. E per me può urlare anche che vuole essere amata, fisicamente.
…quando si dice leccarsi le ferite a vicenda…
…sono contento di averti regalato un po’ di emozione…
Sai, io fatico tremendamente a piangere… le lacrime arrivano spesso ad un millimetro dall’uscire… Poi per pudore, vergogna che ne so stanno lì…. e si sta da cani…
…trememdamente da cani.
Se scrivi come vivi, sei un grande. Sempre bello il tuo blog… 🙂
Hai colto tanto di ciò che penso io della mia cicatrice…
E’ la parte più sensibile, e anche più vulnerabile.
Bellissimo ciò che hai scritto.