Racconti – Il corpo di Monique

 

Interno orario indefinito. Tapparelle completamente abbassate, lampada accesa a terra.

Potrebbe essere giorno… notte… adesso… mai.

 

Monique, completamente nuda, sdraiata sulla pancia su di un letto ad una piazza e mezza di una camera che non è sua.

La tv accesa senz’audio trasmette una partita, a terra l’inserto del sabato di Repubblica, aperto a pagina 24. La rubrica “Hotel America” di Vittorio Zucconi. Nello stereo una musica indefinita alle sue orecchie. Non sta ascoltando la musica, non sta leggendo D, non sta guardando la partita.

 

E’ solo nuda, sdraiata di pancia su un letto ad una piazza che non è di casa sua.

 

Sul suo corpo stanno scorrendo delle mani. Mani lievi che non vogliono conquistare, mani unte di olio di malva che non vogliono possedere, mani leggere che non hanno malizia.

 

Monique è nuda di pancia e ascolta le mani che corrono sul suo corpo. Un corpo magro, la pelle tesa, diafana, quasi riflette la luce fioca della lampada a terra. Un corpo sinuoso, un corpo immobile. Un corpo che non vuole ascoltare, non l’ha mai voluto ascoltare.

 

Per questo ha deciso di affidarlo a lui.

Lui che non è un amante, non un fidanzato, forse un amico, sicuramente è il sacerdote del suo corpo. Non fanno sesso, perlomeno non scopano.

 

Ma se si amplia il concetto di sesso al contatto dei corpi allora si, fanno un sesso intensissimo.

 

Monique se ne sta a pancia in giù, nuda sdraiata su un letto che non è suo. E lascia che lui adori il suo corpo. Accarezzandolo, lambendolo, assaggiandone il sapore, aspirandone il profumo intenso e deflagrante.

 

Senza parlare, con lui parla al telefono, via mail, ma dal vivo poco, mai nei momenti di adorazione.

Momenti in cui si distacca dal suo corpo, spegne la mente, assapora soltanto il piacere di ricevere.

Senza dover dare nulla, se non il suo corpo, dato in affido manutentorio a lui.

 

 

 

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