Ci provo ma non ce la faccio.
Oramai ho il mio metodo, elastico spesso, disinfettante, sul letto.
Scelgo una gamba. Meglio lasciare nascosta sta ferita.
Incido e sto a guardare. Intanto penso con freddezza, una briciola di freddezza, a come sono diventato.
Scatto le foto poi disinfetto. Mentre tocco la carne resa fredda dal liquido mi viene da pensare come sarà il mio corpo morto, freddo, viscido. E’ solo un attimo.
Poi è calore da ferita. Penso come sarebbe il mio copro frustato, ferito, segnato, caldo e vivo.
E’ un altro attimo.
Tutti attimi che si stratificano…
Con candido candore vorrei dirlo: sanguino, si sanguino da anni… non fateci troppo caso!
Buon anno innanzitutto. sanguini da troppi anni. sei felice in tal situazione? io non giudico il tuo sangue, non giudico le tue cicatrici, perchè non sono diversa così tanto da te.
ho letto un libro sull’argomento, si chiama la pelle e la traccia, le ferite del sè. dopo averlo letto ho cominciato un poco a comprendere cosa volesse significare procurarsi dei tagli, del dolore…è una cosa che ancora non capisco a pieno, che ancora mi fa tanta paura. mi fa paura per il dolore che nasconde, e per la mia incapacità di poter aiutare chi, come te, non può fare a meno di soffrire.
curioso il secondo commento.
Posso chiederti perchè lo vorresti aiutare?
Ha mostrato, non chiesto aiuto.
O io fraintendo?