I titoli strillati dei giornali gratuiti della metropolitana sono la sveglia del mattino per migliaia di persone. Anche la mia. Ho sempre provato un piacere di quelli che ti fanno un po’ vergognare a leggere di amorazzi e carnazza. Scandali a suon di sudore e sesso, ma quello fatto male. Non quello appena immaginato dei film americani. Quelli dove un attimo prima si guardano dritto negli occhi e si sfiorano con un bacio e un attimo dopo lei si alza dal letto trascinando con se tutto il lenzuolo per coprirsi, anche se si vede benissimo che ha un culo perfetto formato da ore di palestra e la telecamera indugia sui pettorali guizzanti di lui. E dopo stanno bevendo un caffè veloce in una cucina perfetta.
Belli e eternamente giovani. Invece io guardo le mie mani che reggono il giornale e vedo che le vene sono sempre più in evidenza se le muovo una miriade di micro rughette appaiono e scompaiono. “Mi piacciono le tue mani”, me lo diceva Biancaneve. Non che si chiamasse così. Ma era come la chiamavo io per il suo candore. Le mie mani hanno sempre avuto le vene in evidenza, viola, sembra quasi di vedere il sangue che scorre dentro. La vita che passa e scorre lenta ma inesorabile.
Mi sono distratto a guardare le mie mani mentre il vagone mi culla quasi nel rumore bianco e un po’ ipnotico che hanno i mezzi pubblici di tutto il mondo. Mi piace alle volte guardare i passeggeri e immaginarmi che cosa succederà alla loro vita dopo che ci saremo lasciati. Dopo il nostro incrocio veloce e casuale. Chissà: andranno al lavoro? Da un amante? A fare qualcosa di cattivo?
Biancaneve diceva che la mia fantasia era la sua ancora di salvezza. E mi guardava con quegli occhi verdi che mi passavano da lato a lato. Ogni volta che il suo sguardo mi sfiorava mi sentivo come perforato da un raggio laser. Ma piacevole. Non freddo come quello dei chirurghi. Un calore mi invadeva dentro. Ed era una sensazione bellissima. Prima ancora di qualsiasi altra cosa mi guardava.
Si è persa come i tanti passeggeri che incrocio ogni giorno e davvero non so che strada hanno preso i suoi occhi verdi. Chissà come sarà il suo viso? In fondo sono passati decenni. Era una ragazza, e io parevo già vecchio. “Non ci perderemo mai”, belle le promesse che si fanno quando si è giovani.
Basta questo assurdo giornale mi ha stufato. Lo ripiego e mi guardo intorno. Di fronte a me sotto un cappello a larghe falde un po’ retrò è seduta una signora. La guardo un po’. Ha degli occhialoni enormi da sole, un vestito colorato, un grande seno materno di quelli in cui è bello perdersi e ritrovarsi come viaggiatori per mete indefinite. Deve essersi accorta che la sto osservando perché alza il capo e leva gli occhiali.
All’improvviso non sono più in metropolitana ma in un ambiente bianco e vuoto nel silenzio più totale. I miei occhi sono inchiodati negli occhi della viaggiatrice. Occhi verdi, trapananti, che ti entrano dentro con un calore che si diffonde piacevole e ti porta via. Solo Biancaneve mi faceva scomparire dal mondo con uno sguardo. E davvero fa troppo film romantico di serie B il fatto che mentre la stavo pensando me la ritrovo seduta di fronte.
Quella di fronte è una signora di mezza età, anche un po’ surreale e bizzarra nel suo muoversi affettato e lento nella concitazione del traffico mettutino dei pendolari. Eppure mi sta portando via… via… via… la frenata della carrozza alla fermata mi riporta alla realtà. La signora ha rimesso gli occhiali, giurerei che mi ha accennato un sorriso guardandomi le mani. Si alza e come se volasse esce dalla carrozza. Vorrei alzarmi e seguirà per chiderle un caffè. Scoprire chi è dove va e cosa fa.
Ma le porte si sono chiuse e la carrozza è gia ripartita. La vedo da dietro che scivola via tra la gente. Non so cosa provo dentro. Un misto tra nostalgia grigia di un passato che pare lontanissimo e voglia. Mi sembra quasi di sentirne il profumo. Ma non è vero. E’ la memoria del profumo acro di Biancaneve che mi faceva venire voglia non appena lo sentivo. Sorrido Biancaneve, come ogni volta che ti penso.