Mutilazioni nei campi di sterminio nazisti, maxi toponi, soft core con Cicciolina alle prime armi, squaloni che si mangiano i turisti di Miami beach, un Terminator apocrifo, orge ai tempi dell’antica Roma, un Non aprite quella porta 3 e uno Zombie 2.
La storia del cinema non è fatta solamente di grandi cineasti che se ne vanno a Cannes a presentare la nuova opera culturale, o di fim da cassetta per tutta la famiglia.
Questa è la storia di Vincent Dawn, di Walter Toschi, di Michael Gordoso, di Jordan B Mattews… insomma di Bruno Mattei e dei suoi mille pseudonimi.
Classe 1931, romano, una storia di artigianato cinematografico all’ombra dei maestri del gore anni ’70 cpme i Fulci i Bava, Dario Argento o alle spalle dei maestri del soft core come Joe D’Amato.
Vent’anni di tuttofare, tra il 1950 e il 1970, come assistente, documentarista, montatore, apprende a sufficienza le arti cinematografiche per passare alla regia.
L’esordio
Nel 1969 con il nome di Jordan B Mattews si presenta con un film che è già cult: “Armida, il dramma di una sposa”. Un bianco e nero allucinate, un soldato rifugiato, una donna trascurata dal marito, una guerra, una maga, sesso e sangue. Molte delle coordinate del cinema matteiano sono già tracciate.
Ma il fascino dei mondo movies lo prende, Gualtiero Jacopetti impazza con i suoi finti documentari sanguinolenti. “Mondo candido” è del 1961, e ne sono già seguiti altri.
Nel frattempo Mattei si fa le ossa collaborando con Joe D’amato alla regia di “Emmanuelle e Francoise (le sorelline)”, Joe D’Amato atri non è che Aristide Massacesi, con cui Mattei firmerà decine di pellicole fino alla rottura negli anni ’90.
1976 – L’anno delle tematiche matteiane
Bisognerà aspettare però sette anni perché Mattei torni. Nel 1976 realizza diversi film, un più cult dell’altro.
“Cuginetta… amore mio”, che firma con il suo vero nome, una commedia erotica molto classica per il periodo. “Nulla di particolare, era il mercato che lo richiedeva”, dirà Mattei in un intervista a Nocturno. Le sue tematiche però stanno per esplodere.
“Casa privata per le SS”. Firmato come Jordan B Mattews. La Cavani e Tinto Brass hanno lanciato il porno nazi all’Italiana, prendendo le cose più sessuali dal Pasolini di Salò, e Mattei si mette sull’onda. Non ci sono ancora il gusto del gore, ma ci siamo. Infatti nel seguente
“KZ 9 lager di sterminio”, Mattei si butta nel mercato del nazi porno, ma ci mette tutto il suo gusto per il gore più spietato. Per la rivista “Delirium” è uno dei film più efferati del filone. C’è di tutto. Esperimenti genetici sessuali, sangue sulla neve, mammelle amputate, organi esplosi…
Coordinate
Le coordinate sono messe. Ma Mattei torna all’amore per i porno documentaristici. Nel 1977 come Jimmy Matheus, firma “Le porno notti del mondo”, stavolta è Massacesi a fargli da aiuto regista. Una serie di spettacolini hard che dovrebbero essere presi da vari night del mondo ma che in realtà si svolgono tutti nel night romano di via Lombardia. Evirazione di un adultero, palline lanciate con la vagina, un super dotato che si fa 24 ragazze, un delirio stroncato dalla critica e caso giornalistico per la bufala dell’ambientazione.
Arriva l’incontro con Riccardo Schicchi, e nel 1979 lancia Ilona Staller con la sua prima pellicola “Cicciolina amore mio”, non ancora un hard, oggi archeologia del porno leggero.
Anni ’80, Mattei continua a sguazzare nel porno sanguinolento.
Nel 1980 fima quattro pellicole: “Sesso perverso, mondo violento”, mondo movie tardo, con l’amico Fragassi. Dentro c’è di tutto: una tribu americana gay, miss Nuda, uno strupro di gruppo, un uomo cannibalizzato mentre la moglie guarda… Frase di lancio: zoofilia, feticismo, bestialità, sadismo.
Secondo film del 1980, e nuovo pseudonimo, Stefan Oblowsky, “La vera storia della monaca di Monza”. Soft core che in sala fece 1253 spettatori paganti, ma che con gli insert hard e in cassetta ottenne buoni risultati ripagandosi abbondantemente.
Terzo lavoro del 1980, sempre come Oblowsky è “L’altro inferno”. Storia di un diavolo che torna in convento. Un vero hard, con starlette come Sandy Samuel e Paola Montenero. Girato per sfruttare i set della Monaca di Monza, in fondo andò meglio della pellicola di cui era spin-off.
Fantastico è “Virus – l’inferno dei morti viventi”, super cult, film da bassa macelleria, capolavoro sgangherato, virus capitalisti in Nuova Guinbea, morti efferatissimi. Incredibile.
Nel 1981 nasce lo pseudonimo di Vincent Dawn, il più usato.
Ecco “Nerone e Poppea”, sulle orme del Caligola di Tito Brass. Con falso storico, la morte di Nerone per mano dell’amata Atte. Frase di lancio: orge depravazioni e crudeltà che la storia ha taciuto.
Nel 1982 si parte con un tardo Emmanuelle “Violenza in un carcere femminile”, firmato con il socio di sempre Massacesi. Il plot è classico da hard. Una donna indaga in un carcere femminile… e si scopa…
Sempre nel ’82 partecipa alla riprese di “Caligola e Messalina”, supervisionando, ma in realtà firmando la pelliclae di Antonio Passalia.
Anni di grande produzione. Nel 1983 prova a rilanciare il peplum con “I sette magnifici gladiatori”, con il Lou Ferrigno, conosciuto per la serie Hulk, che però pensa più a oliarsi i muscoli che a recitare, disastro.
Ma Mattei è uno schiacciasassi. Nel 1984 firma un super cult: “Rats, notte di terrore”. I morti viventi di Romero ma con i toponi… veri. Prendono 1500 topi da cavia bianchi, li spargono di olio e cenere e li lasciano andare sul set, quello di “C’era una volta in america” semidistrutto. Un super capolavoro gore.
Tre anni di stop e poi tra il 1987 e il 1988 sei pellicole
Torna lo pseudonimo Vincent Dawn per “Scalps”, un western violentissimo girato in contemporanea a “Bianco apache”.
Poi prende in mano “Zombi 3” abbandonato da Lucio Fulci e lo trasforma talmente da renderlo un gore… quasi comico.
Per rimanere sui palgi remake fima “Terminator 2” , un postatomico con alieni e armi batteriologiche
Poi rifa alla sua maniera Predator con “Robowar, robot di guerra”, un film d’azione Italiano distribuito anche in America, ma il robot del titolo è ridicolo e la giungla filippina è tremenda.
Poi fima “Double target”, il sequel di “Strike commando”, sua pellicola del 1987, altri filmacci di azione senza ne arte ne parte.
Altro sequel, “Dirty love 2”, prosecuzione del film del socio Massacesi, che aveva riesumato Joe D’amato.
Anni ‘90, pre crollo e sequel apocrifi
Il decennio si apre con “Desideri”, firmato come Michael Cardoso, un erotico veneziano senza nessuno spessore cult.
Molto meglio “Cruel jaws”, girato a Miami tra squali e sangue.
Altro sequel apocrifo con “Non aprite quella porta 3”, il film della rottura tra Fragasso e Mattei. Il film lo gira Fragasso in Virginia tra atmosfera e poco sangue. Ma lascia il montaggio in Mano a Mattei per andare a fare “La casa 5”. Al ritorno trova un film diverso. Tagliuzza tutto, mete sangue e azione, lo trasforma in un suo film e finisce la collaborazione con Fragasso.
Tre anni di stop e poi torna all’azione con “Attrazione pericolosa”, il suo primo film serio, per cinofili oltranzisti da thriller psicologico, nessuno se lo fila. Torna al thriller sanguionolento con “Gli occhi dentro”.
Nel 1995 tira fuori dal cappello un altro pseudonimo, Frank Klox, e ritorna con “Omicidio al telefono”, thriller erotico solo per il mercato dei video.
Siamo alle battute finali. Nel 2000 come Walter Toschi ci riprova con un film impegnato dal cast serio, Philippe Leroy, Marina Suma… “Un giudice di rispetto”, non ci siamo.
Torna al thriller soft porno con “Belle da morire” del 2001, anche i fans più oltranzisti ne escono delusi.
Nel 2002 addirittura cerca un remake erotico del Bunel di “Bella di giorno”. “L’altra donna”, tutti allibiti.
Dal 2003, incredibilie, ecco la ripresa.
In ordine firma: “Nella Terra dei Cannibali”, “Mondo Cannibale”, “Snuff Killer: La Morte in Diretta”, “La Tomba”, “L’Isola dei Morti Viventi” e “Anime Perse (The Jail)”, gia dai titoli si capisce che aria tira. Torna addirittura l’aura del vecchio Jacopetti.
Cannibaleschi anni ’70 ambientazione classica, la giungla amazzonica, per “La terra dei cannibali”, dove alcuni esploratori con a capo Sara (figlia di un senatore americano) cadranno tra le grinfie di alcuni nativi dediti all’antropofagia. Un gruppo di mercenari, con la collaborazione di soldati locali, verrà inviato per cercare qualche traccia dei superstiti. Ma le insidie della natura sono davvero molte e le sorprese (spiacevoli) dietro ogni angolo.
Il secondo titolo in questione è “Mondo Cannibale”, tra Jacopetti e Deodato.
Alla fine è bella una descrizione che ho trovato in rete: “Bruno Mattei è rimasto uno degli ultimi e testardi alfieri di un cinema che ormai non raccoglie molti frutti, anche se qualche timido segnale di ripresa sembra esserci. I suoi tentativi di rinverdirlo hanno quasi del commovente, anche se ammette di aver portato avanti la sua carriera di regista come un divertimento senza prenderla troppo sul serio… Nonostante i suoi alti (pochi) e bassi (molti), le produzioni ultra economiche, la scarsa cura dei dettagli ed i tempi ristretti, ha comunque contribuito a tenere vivo l’interesse nei confronti delle produzioni italiane di genere, vendendo bene i propri prodotti soprattutto all’estero. Una passione che scaturisce dalla voglia di scioccare lo spettatore, schiaffeggiarlo con immagini forti e d’impatto. Sensazioni che qualche nostalgico rimpiange”.
non conoscevo affatto questo autore, ne col suo nome nè con i suoi pseudonimi… come al solito passando da qui apprendo…
ehehe
baci baci
Vorrei dire solo una cosa riguardo a Mondo Cannibale:
è un plagio di scarsissimo livello di Cannibal Holocaust, niente di più.
Un film che non reggerebbe il confronto con altre perle (giusto per restare in tema) trash, uno su tutti flesh doll operetta, girato con 70 euro circa e di gran lunga migliore di sta roba. Per dirla alla maniera del ragioniere per eccellenza, “Mondo Cannibale è una cagata pazzesca!”
salut
….mmmm un po tutti i cannibalschi all’italiana si assomigliano. e li adoro, sopratutto “Antropophagus” di Joe D’Amato, un tardo cannibalsceo del 1980 da cui fu tratto una filmato che per anni circolo come snuff movie…
…la racconterò presto…