Quando Peter lasciò la band volle liberarsi di ogni cosa potesse ricordagli quel periodo. La prima cosa che vendette fu la chitarra, una Les Paul del 1959. La cedette per 100 sterline ad un promettente chitarrista irlandese dicottentte: Robert William, meglio conosciuto come Gary.
Fu la prima chitarra elettrica di Gary, da 4 anni possedeva una chitarra acustica. Lui mancino da 4 anni suonava su una chitarra per destri, così come era per destri la Les Paul di Peter.
Peter abitava a Dublino da 2 anni. Aveva sei anni più di Gary e aveva deciso di adottare quello strano ragazzo appassionato di rock’n’rool convertendolo al blues. Gary però era nato a Belfast, dove il padre organizzava concerti. Ma anche lui da due anni stava a Dublino. Dal centro della vita politica al centro di quella culturale dell’irlanda.
Era fuggito a Dublino a soli 16 anni. Aveva fondato gli Skid Row, meno famosi di quelli tamarri degli anni ’80. Il primo dei gruppi più disparati al quali avrebbe prestato la sua chitarra.
Certo che 100 sterline per una Les Paul del 1959 erano poche anche nel 1970. Considerando poi che 36 anni dopo quella chitarra frutterà a Gary un milione e 300 mila dollari. Ma questa è un’altra storia. Con così tanti dollari quanti brandy si possono bere? Quanti ne versò l’oscuro barista spagnolo di Estepona, Costa del Sol, la notte tra il 5 ed il 6 febbraio del 2011?
“Mi manca la mia chitarra”, aveva raccontato Gary alla nuova fiamma, “mi manca da morire”. Lei, 30 anni di ingenuità, lo ascoltava rapita. E a 30 anni di ingenuità, quando ti trovi poi nel letto una leggenda del blues morta cosa fai? Telefoni in lacrime alla mamma che te lo aveva detto di lascare stare.
Si dice che la Les Paul del 1959 l’abbia ricomprata Peter, che ha sei anni più di Gary e non è morto in un letto d’albergo della Costa del Sol. O forse Ozzy, che quando sente la notizia di un chitarrista morto pensa a Randy, o magari Bob che alla chitarra di Gary aveva messo la sordina.
Certamente non Phil. Che era un bassista e che ha lasciato il tavolo da gioco ben prima di Gary: il 4 gennaio del 1986 a Salisbury, altro luogo mitico per la storia del rock, la band di Mick gli aveva dedicato un disco con un carrarmato in copertina, “Phil era il mio lato oscuro”, amava ripetere Gary.
Con la band di Phil era passato prima solo come collaboratore. Ma Phil adorava la sua chitarra. E così dopo il crollo del secondo colosseo Gary tornò dalla volpe d’argento. Ma la sua anima da zingaro irlandese lo costrinse ad altri lunghi peregrinaggi.
Robert William Gary Moore era nato a Belfast il 4 aprile del 1952. “Semplicemente troppo giovane per morire”, ha detto Henry Rollings il 6 febbraio del 2011 apprendendo della sua morte. Terzo membro della Trinità blues irlandese, con Van Morrison e a Rory Gallagher, nella sua vita aveva collaborato con decine di artisti disparati. Da Phil Lynott e i suoi Thin Lizzy a Peter Green, chitarrista dei Fletwood Mac, passando per Ozzy Osburne e Bob Dylan.
Venti dischi solisti tra il 1973 ed il 2008 non sono serviti a farne un mito in USA dove per assurdo lo si ricorda per la coever di Don’t Let Me Be Misunderstood scritta dai Bennie Benjamin per Nina Simone e resa celebre in versione disco dai Santa Esmeralda Santa Esmeralda.