Racconti – Inutili convergenze

punzecchiato da un gruppo di amici per la sceneggiatura di un corto mi sono rimesso a scrivere alcune settimane fa dopo due anni di stop, ecco il risultato. Non diventerà un corto perchè poi è stato scelto un vecchio racconto, che metterò presto in sto bol che riprende vita

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Inutili convergenze, inabili contingenze.

Se scelgo di cambiare lo faccio da me, ho sempre pensato. Non è cosi, non è cosi.

Ma non importa.

Se guardo questa donna negli occhi, se ce la faccio, mi chiedo cosa ci sia di così incredibilmente fantastico da sconvolgermi ormoni e cervello. Ha la pelle cadente come i seni, la voce chioccia e potrebbe essere mia madre. Eppure ha un sorriso che potrebbe convincere un uomo ad andare alla guerra, oddio che brutta immagine, andare alla pace, andare al cambiamento.

Come sono capitato davanti alla sua porta? Per caso. Credo.

Faccio il rappresentante d’enciclopedie, un classico rappresentante d’enciclopedie, come quelli di una volta. Non come i fighetti di oggi che fanno telemarketing, io no. Io mi metto in strada e vado porta per porta. Faccio questo lavoro da quasi 15 anni, e considerando che sono poco più che trentenne, posso dire che è una vita che faccio sto sporco lavoro.

Di gente dietro a quella porta ne ho visti parecchia.

Finti interessati, figone svampite, bimbi saccenti, pseudo intelligenti, marziani camuffati, comici cosmetici e tanto altro ancora.

Ma stamattina sono rimasto spiazzato, stordito.

Drin, suono sto cazzo di campanello in questo palazzo di metà secolo.

C’è profumo di sugo, di pappa buona. Si apre una porta e sbuca una signora grassoccia, dolce, con un mestolo in mano sporco di sugo.

Credo che mi scambi per qualcun altro, forse un amico del marito che deve venire a pranzo.

Apre, sorride non dice nulla e si gira dicendo di entrare.

Io che sono abituato ad usare il vecchio trucco del piede per tenere le porte aperte.

Mi chiama caro, ha una voce chioccia che pare la mia mamma.

Ha una vestaglia da cucina, un odore di cibo, i capelli scarmigliati e minimo vent’anni più di me. Eppure mi muove gli ormoni e la dolcezza. Mamma e amante?

Non credo proprio. Eppure a me che non ci ho mai creduto fa intravedere la vita chiatta di famiglia, pare bella… irresistibile.

La intravedo stando seduto in cucina a parlarle di enciclopedie mentre cucina. Mi dice se volgilo assaggiare una fetta di salame nostrano… massì… e un bicchier di vino… massì, va bene anche lui.

Io vivo in un monolocale asettico marca Ikea panasonic.

Mobili dai nomi svedesi che la sedia o la chiami Glimt o si offende e mega schermo al plasma, microonde per il cibo surgelato da quattro salti dalla padella alla brace e tanta tecnologia da uomo triste e solo.

Eppure non sono triste e solo.

Quando guardo la mia raccolta di dvd sportivi sullo schermo 16/9 sono contento, quando esco con i mille amici pure.

Ma in fondo forse c’è un cazzo di tarlo.

Mi mancano una famiglia, i ricordi dei pranzi dalla nonna, i pomeriggi dalla zia ancora piacente che mette sotto sopra il nipote stile film con Alvaro Vitali?

Può essere tutto.

Assaggio il sugo, parlo di treccani e di gatti in calore, sbircio la scollatura lassa del seno cadente e florido della signora, e i fiori fuori sul balcone in centro città esterno paese.

Mi si agita assieme la voglia di una madre da coperta rimboccata, di un amante passata che si impegna per circunavigare il giovane amante da assaporare e di una vita in una casa popolare in affitto sposato da 30 anni a mangiare il pranzo della domenica in attesa di tutto il calcio minuto per minuto, a me piace il rugby, alternativo sino in fondo.

Ma lo sa che sono un rappresentante vero

certo caro

non mi ha scambiato per qualche ospite

macche ospite, qui siamo solo io ed io

ma il tavolo è apparecchiato per tre

io mio marito e mio figlio

ma ha detto che è solo lei

certo che si, il figlio è in ferie e il marito in ospedale, nulla di grave neh

e allora il tavolo, il pranzo

abitudine di una vita

e allora

allora si accomodi a mangiare con noi, con me

Non me lo faccio ripetere.

Un pranzo con una mamma che non ho più che assieme è anche una cenetta romantica con un amante che non avrò mai e in più senza implicazioni morali e… lavorando che magari ci scappa un enciclopedia per la signora strana

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