Racconti – Compenetrazione

1, IL CONTRATTO

L’inserzione sul giornale suonava strana:

“Cercasi persona che viva in casa mia nei fine settimana”

Uno strano modo di mettere un inserzione per la ricerca di un custode. Però, cercai di spiegarmi la cosa, il nome dell’inserzionista suonava straniero. Forse non aveva padronanza dell’Italiano e nella fretta di dettare l’annuncio al centralino del giornale ne era venuta una formulazione bizzarra.

Avevo davvero bisogno di qualche lavoretto. Un lavoro da custode part-time era perfetto.

La chiamata al numero dell’inserzione fu breve. Una voce femminile, effettivamente non italiana, ma dal parlare forbito e chiaro, mi dice che non cerca un custode, ma proprio una persona che viva nella sua casa nei fine settimana.

“Dammi una mail e ti mando il contratto”.

 

         Ogni fine settimana, dalle 20 del venerdì alle 24 della domenica sono lontano da casa. Tu dorai vivere nella mia casa, ininterrottamente, in quegli orari. Non mi vedrai mai. Ti presenterai al portiere alle 20.05 avrai le chiavi per entrare che restituirai la domenica a 5 a mezzanotte.

         In questo lasso di tempo non dovrai mai uscire da casa, se non per evenienze straordinarie. In casa troverai sempre tutto l’occorrente per il fine settimana. Potrai usare tutto quello che trovi in casa come se fosse tuo. Leggere i libri, ascoltare i cd, usare il pc, aprire i cassetti… Insomma fare quello che faresti a casa tua

         Dormirai nel mio letto che troverai con lenzuola usate una sola giornata, non le cambiare ne prima ne dopo.

         Usa pure il telefono ma non rispondere alle chiamate.

         Di personale potrai portarti sempre il cellulare e gli effetti personali.

         Dalla seconda settimana in poi potrai portare anche degli altri oggetti, uno alla settimana, a patto che però poi tu non li porti più via. Potrai riprenderti i tuoi oggetti solo se rescinderai il contratto.

         Per comunicare con me durante i fine settimana scrivi dei messaggi sul pc e lasciali sul desktop nella cartella con il mio nome. In quella con il tuo troverai i messaggi che lascio io a te.

         Durante la settimana potrai usare il numero di cellulare per inviarmi degli sms, ma non chiamare mai, pena la rescissione immediata del contratto.

         Troverai sempre in anticipo il pattuito della settimana, se dovessi decidere di non proseguire l’incarico lascia un messaggio con un post-it sul monitor del pc, spegni tutto e non presentarti più Ma non andartene mai prima della fine del fine settimana

 Alla fine della lettura della proposta di contratto ero basito.

Una persona che non conoscevo mi invitava a vivere a casa sua, a fare mia la sua casa, per due giorni alla settimana, senza poterla conoscere e senza abbandonare la sua casa.

 I fine settimana mi avevano sempre annoiato, impegni e amici non ne avevo, la paga era buona. Come da richiesta accettai rispondendo di si alla mail del contratto.

2, MI AVVICINO

Per il resto della settimana non ci pensai troppo. Avevo un lavoro, questo mi rendeva felice, ma non pensavo troppo a che tipo di lavoro fosse.

Poi il giovedì mi prese l’ansia e la paura.

 Come se lo percepisse lei mi mando un sms.

 "Oggi ti sentirai di tirarti indietro, non farlo. Domani inizia il contratto”.

 Non mi tirai indietro.

Il pomeriggio del venerdì ero in fibrillazione. Buttai nella borsa qualche vestito. Niente libri e fumetti, la prima settimana non potevo portare nulla di mio. La cosa mi inquietava un po’. Ero abituato quando partivo per un viaggio a preparare per prima cosa la borsa di cd e libri.

Alle 19.30 ero sotto il portone di casa sua. In auto in attesa dell’orario giusto.

Abitava a poche decine di chilometri da casa mia. Era una zona che non conoscevo.

All’orario prestabilito mi presentai dal portiere. Mi consegnò le chiavi e mi indicò la strada.

“Si, lei se ne è già andata”, disse laconico, senza darmi nessun dato sulla persona che mi aveva assunto.

Fin qui non avevo idea di chi fosse, cosa fosse. Dalla voce che avevo sentito al telefono avrebbe potuto avere dai 20 agli 80 anni.

Chissà che casa mi avrebbe accolto. Una stamberga, una casa fredda e piena di soprammobili, una casa da vecchia, una casa da adolescente…. Adesso ero terrorizzato.

Avrei dovuto dormire in un letto che non conoscevo, il letto di un latra persona.

Cosa avrei trovato? Perché mi ero buttato in questa stupida avventura.

Non potevo però tirarmi indietro.

Salii le scale e mi trovai di fronte alla porta.

Due giri ed eccomi davanti al mio futuro di ogni weekend.

3, LA CASA

Quando apro la porta tutto e nella luce. Lei ha lasciato accese le luci, acceso il pc, accesa la televisione. Non credo l’abbia fatto per facilitarmi nella presa di possesso della sua casa. Sembra quasi che la casa rimanga in vita come una linea di montaggio al cambio del turno. I macchinari non si devono mai spegnere.

Sullo schermo del pc è aperto un file word. Poche righe indirizzate a me.

Mi ricordano i termini principali del contratto. Ma poi il tono cambia e diventa meno formale e più amichevole.

Ci sono birre in frigo, ci sono tanti film da vedere se ti va, il pc è acceso, sto scaricando delle cose da emule, ma ti prego aggiungi ai download quello che vuoi se hai voglia di scaricarti qualcosa.

Dentro ho un misto di inquietudine e ansia, per il fatto di trovarmi in una casa altri che devo fare mia e che non potrò abbandonare per le prossime 48 e passa ore, e di tranquillità.

Un filo di inquietudine è stata abbattuta non appena mi sono richiuso la porta dietro di me.

Una delle cose che mi mette più a disagio nelle case altrui è l’odore. L’odore forte degli abitanti che si mischia a quello delle cose da mangiare.

Nella casa di lei invece apparentemente non c’è odore, anche se imparerò presto che non è così. Lo imparerò perché l’impalpabile odore della sua casa mi resterà addosso anche quando sarò tornato nella mia di casa, anche dopo che avrò fatto una doccia calda, anche dopo che mi sarò ricaricato nel mio letto… che scoprirò tremendamente scomodo.

Già il letto. Il suo letto è ordinato ma non rifatto. Ho l’impressione che sia ancora caldo, scosto una pesante trapunta blu e lo tocco. Cerco dati per capire con chi ho a che fare.

Non ricevo nessun feedback indietro, nessuna scossa, nessuno spavento.

Ma il lieve calore del materasso mi distende ancora un po’.

La casa è una sorta di grosso monolocale open space. C’è un disordine adorno che traccia un sacco di indizi.

Dovrei cominciare a seguirne uno, ma poi mi fulmina l’idea che non sono qui per indagare, ma per vivere.

E allora assurdamente la prima cosa che mi viene da fare a casa di lei è una doccia.

Ma quando entro in bagno la vasca e la lunga fila di bagni schiuma colorati mi fa fare una cosa che non faccio da anni. Mi viene voglia di fare un bagno.

Si, io che da anni risparmio tempo facendo la doccia, qui non ho tempo da risparmiare. E allora mi faccio un bagno. Mi immergo nell’acqua calda e non penso a nulla.

Mi abbassa la pressione, mi fa bene.

Riemergo dalla vasca che oramai sono le nove di sera di questo venerdì nuovo.

Mi stappo una birra, mi metto in tuta, mi butto sul suo letto e adesso sì, sento il suo profumo. E una sorpresa, prima non lo avevo notato. Ma forse è la mia di pelle che ha assorbito il profumo…

Faccio play al dvd, qualsiasi cosa ci sia dentro va bene.

Non vedo neppure una scena del film giapponese che parte perché mi addormento con una pace che da anni mi mancava nella mia casa.

4, l’incubo

Mi sveglio di soprassalto all’improvviso. Un incubo terribile di serpenti e tagli, di paure e solitudine. Immagini che non sono mie.

Sudato mi metto seduto. Mi rendo conto dopo un po’ che sono nel letto di Lei, nella casa di Lei, forse anche nell’incubo di Lei.

Il dvd è finito, scorrono giusto i titoli di coda. Forse il sogno è dettato dal film che scorreva. Prima di addormentarmi avevo fatto partire questo film.

“Vuoi dire che le vittime sono andate a comprarsi l’arma del delitto”, una frase in testa.

Ma si mi sono suggestionato. Cerco di alzarmi ma mi formicolano le gambe.

Sudato mi siedo al pc, voglio scrivere qualcosa mi distenderà forse. Sul desk una cartelletta, sopra c’è scritto incubi.

La apro ed è vuota, nulla dentro.

Mi metto di lena e scrivo immediatamente l’incubo che ho avuto. Mi sembra che Lei lo sapesse già che sarebbe successo, mi sembra di sentirlo.

Dopo aver vomitato fuori quello che avevo sognato mi riaddormento. Stavolta un sogno senza sogni, lungo e piacevole.


5, PRIMI PENSIERI

 Eccomi sveglio, investito dalla luce, in una casa che non è mia. L’incubo di stanotte mi ha lasciato addosso una strana sensazione di inquietudine, sensazione schiacciata di netto dalla tranquillità curiosa che pervade il mio stomaco.

 Sono ancora steso in un letto dove dorme una sconosciuta, in una camera sconosciuta. Non ho ancora infilato gli occhiali  e guardo in giro con i miei occhi miopi.

 Tante cose, libri, cd, dvd, di cui non riesco a leggere i titoli ma che danno alla camera un aspetto colorato, avvolgente. La televisione è ancora accesa, sullo schermo il menù del lettore dvd. Azzerando con il telecomando scopro che film mi ha indotto forse agli incubi stanotte “Mdp psicho” del giapponese Takaschi Miike.

Scoprirò poi che Lei ha una passione, quasi insana, verso il cinema orientale, il Giappone, tutto quello che è hi tech e la grande e tentacolare Tokio. Una passione che intaccherà anche me, come tante altre sue passioni che ritrovo a rimbalzo in ogni angolo di questa casa.

Per ora scosto la trapunta blu e scivolo fuori dal suo letto, il mio letto.

Immediatamente ho una sensazione che mi accompagnerà per tutto il tempo. La mia pelle ha cambiato odore.

Ho sempre avuto una forte propensione verso l’olfatto. Sono sempre stato un uomo anomalo.

La vista si, mi stimola, ma le cose che mi entrano dentro passano dal naso e dalla bocca.

Un odore mi può mettere sotto sopra e questa cosa di dormire nel letto dove ha dormito Lei la sera prima mi ingarbuglia le sensazioni.

Conosco il suo odore intimo adesso, lo sento addosso, ma non posso associarlo ad un immagine. La privazione di un elemento così importante per conoscere una persona mi fa pensare.

Credo che sarà una delle cose che scriverò nella nota che le lascerò prima di andarmene alla fine di questo fine settimana.

Per intanto vorrei cercare qualche elemento su di lei. Mi ero ripromesso di non frogare tra le sue cose ma adesso la curiosità sale. In fondo mi pare che sia esattamente quello che vuole. Farsi frugare dentro. Chissà che motivo la spinge?

Intanto mi accorgo che di immagini chiare di lei in giro non ne trovo. Qualche foto di spalle, ha capelli lunghi e fianchi esili. Ma non riesco ad immaginarmi che viso possa avere.

Nel pc meno che meno.

Sono andato diretto sulla cartella documenti utente.

E’ incredibile come  una sola notte mi abbia fatto abbattere ogni remora. Il lavoro di far vivere la sua casa si sta inesorabilmente trasformando in un lavoro a far vivere Lei.

Ci sono un sacco di cose scritte nel suo pc. Vorrei buttarmici dentro per studiarla. Ma vengo ripreso dalla mia coscienza. Si ingaggia una battaglia cruenta dentro.

Lei vuole che io la conosca? No, non credo.

Eppure mi ha affidato la sua casa, o io sono stato affidato alla sua casa?

La parte analitica del mio cervello cerca di reagire alla parte istintiva della mia pancia.

Il conflitto proseguirà per tutto il weekend. Avevo paura che restare 52 ore chiuso in una casa altri mi avrebbe ucciso e annoiato. Per fortuna non è così. Il tempo passa in un lampo.

Tra qualche film, qualche disco, lo starsene sul balcone a guardare i campi di fronte. Io abituato a stare in un appartamento di città.

Di certo alla fine dei due giorni mi sento esausto. La battaglia interna è stata forte. Non incruenta. Mi accorgo immediatamente che Lei è presente in assenza. Mi accorgo immediatamente che questo non è un lavoro ma una missione, un esperimento, una distorsione, una reazione chimica.

Così domenica alle 23.55, dopo aver scritto due righe scompaio e mi preparo al primo day after.

La settimana prossima proseguirò questa strana missione.


6 LETTERE

Lui:

 

E’ ovvio che questo che mi hai affidato non è un lavoro. Sono tante le domande che mi affollano la testa. Perché le apre tutte. Ma credo che non risponderai a nessuna delle mie domande, quindi è inutile che te le ponga.

Però una cosa la vorrei sapere. Come sapevi che avrei avuto un incubo nel tuo letto, e soprattutto come sapevi che lo avrei scritto, e come hai potuto preprarare una cartella con la dicitura incubi nel pc?

 

Dimmi che è un caso che mi tranquillizzo.

 

I due giorni sono passati veloci. Ho combattuto con me stesso. La curiosità di investigare su di te, per capire chi sei, cosa sei, cosa vuoi da me. Il primo acchito sarebbe stato quello di ribaltare tutto e cercarti.

 

Ma non l’ho fatto. Ho lasciato che la tua casa mi scivolasse accanto. Mi prenderò di te quello che mi capiterà sotto gli occhi, quello che sentirò tra le mani.

A venerdì. Che strano dire ci si vede ad una persona che non vedrò mai.

Ps. Se puoi comprami del the verde…

Lei:

Non è strano che tu mi dia appuntamento anche se non mi vedrai. Non è per nulla stano. Anzi, sei entrato nel tuo lavoro forse più di quanto mi aspettassi.

Non preoccuparti se hai voglia di cercarmi tra i miei oggetti. Puoi farlo. E non preoccuparti se ti viene da chiedere. Fallo sempre.

Non posso dirti che sia un caso che hai trovato una cartella incubi sul desk del pc. Soffro di incubi da quando abito in questa casa. Ero certa che le briciole dei miei incubi ti avrebbero sfiorato e un po contagiato.

Ma questa settimana, almeno la prima notte, nessun incubo. Forse avevi già esplicato tu la formalità… Forse. Forse sentivo la presenza di te e non avevo bisogno di incubi per farmi compagnia.

A lunedì…

Nella credenza trovi il the verde…


7 SECONDA SETTIMANA

Eccomi. Sono in auto, con il mio zainetto per il weekend, il secondo di lavoro da lei. Da oggi posso portare oggetti personali da abbandonare nella sua casa. Ho avuto la tentazione di portare la chitarra. Ma amo suonare la chitarra anche durante la settimana. Vedremo.

Per stavolta mi accontento di una tazza.  La mia tazzona da the. Sperando che abbia comprato il the. Io per non contravvenire alle sue direttive un preso solo la tazza. La mia tazza gialla e grossa.

E’ stata una settimana strana. La mia donna non ha preso bene questo strano lavoro che mi è capitato. Le avevo detto del contratto, e già li si era risentita.

Lunedì mi guardava strano. Le ho detto che ho dormito, mangiato e letto, ascoltato musica e scritto e incassato i 100 euro pattuiti. E’ rimasta comunque perplessa. Ma tanto che gli importa. Nei fine settimana non ci su vede comunque. Di notte lavora, di giorni dorme. No, non fa la puttana. Lavora in un autogrill. E fa sempre il turno di notte il sabato e la domenica. Da quando sto con lei i fine settimana sono vuoti. E allora perché se la prende se li ho riempiti con un lavoro?

Forse perché li ho riempiti di un altro vuoto?

Ma che importa. Proseguo nei miei pensieri mentre apro la porta dell’appartamento di Lei. Come venerdì scorso lo trovo vivo. Tutto acceso e in movimento.

Premo play al dvd, e parte il film che stava vedendo, o che ha lasciato nel lettore per me.  Parte un altro film orientale. Ancora Takashi Miike come la scorsa settimana. Un film in lingua originale. Rimango affascinato dalle prime immagini. Una ragazzina giapponese che si spoglia, fa foto, in una camera, silenzio, dei lui, tanti lui. Credo che si prostituisca.

Il film si intitola Visitor Q, cerco una sinossi in rete tanto per avere un idea di ciò che vedo. E’ la storia della famiglia Yamazaki. Una famiglia giapponese benestante. Padre represso cronista televisivo, madre tossica, figlio violentato, figlia prostituta. Se fosse Almodovar sarebbe una cosa ironica e cinica. In Giappone è tutto più pesante.

Ma arriva un visitatore che rivoluziona la famiglia.

Mentre continuo a guardare il film e cerco in rete delle informazioni mi viene in mente che forse Lei mi ha lascito qualcosa di scritto. Si, poche righe. Speravo di più. Ma sembra che il mio mododi lavorare vada bene.

Ne sono lieto.

Nella cartella incubi non c’è più il file del sogno della scorsa settimana. Chissà.

Arriva la mezzanotte che quasi non me ne sono accorto. Una doccia e poi a letto.

Faccio ripartire Visitor Q. Adesso che ne so a grandi linee la trama forse lo capisco meglio riguardandolo.

Mi stendo tra le lenzuola scure e tiro la trapunta blu sulle gambe. Appoggio la tazza di the verde sul comodino. Il primo oggetto che porto in questa casa. E mi addormento.

Il buio dentro mi travolge. Una stanza tutta rosa, una foto che non focalizzo e qualcuno che mi picchia con un battipanni. Non fa male. Una scena distorta di Visitor Q, ma l’incubo arriva quando una presenza moralizzatrice mi incute paura. Devi soffrire, urla.

Mi sveglio e so già che devo fare. Mi metto al pc e scrivo di getto anche questo incubo. In verità meno spaventoso e trascinante di quello della scorsa settimana.

Tanto butto un occhio su emule per vedere cosa sta scaricando questa settimana. Sempre film, un sacco di film con dei titoli che non conosco. Film che comunque vedrò prima o poi, adesso lo so. Leggo i titoli e comincio a farmi qualche idea in più sui suoi gusti.

Apro un file di word e comincio a scrivere il messaggio per Lei.

Mi dici di domandare, quindi domando. Ma nessuna domanda strana. Parliamo di musica.

Che musica ascolteresti sotto un temporale assurdo lungo una statale alle 17 al tramonto

Io Whish you were here dei Pink Floyd. Mi ricorda le notti in giro a bordo di una Renault 5 nera schiacciato a fianco di una ragazzina che non avrei mai avuto.



E di di notte per le strade della bassa in giro a caso

Io Faust’o e i Dresden Doll, ma forse anche qualcosa di jazz anni ’40, ma anche gli amati Cure

E alle 18 di un martedì di febbraio tra la nebbia tornando dal lavoro

Io Paolo Conte….

Le sue risposte saranno: Interlude di Morissey e Siouxsie, i Nightwish, Battiato. o i Diaframma.

Suonavo Siberia con la mia seconda band. Mi emozionano le sue risposte. Mi emozioneranno.

Mi ributto a letto e cado un’altra volte in un sogno bianco e senza sogni, incubi o paranoie.


8 VITA INTERLUDIO ALTRO NARRATORE

Da qualche settimana Franco sta vivendo un lavoro. Si, lo sta vivendo. Sto con lui da anni perché è sempre stato una sponda tranquilla. Non ha mai dato segni di volere qualcosa di diverso da me.

Nei fine settimana lo sapevo a casa a leggere, a scrivere sul suo stupido blog di cui non ho mai voluto vedere i contenuti, a suonare la sua stupida chitarra. In fondo l’ho sempre giudicato inoffensivo, e incapace di tradirmi.

Non mi sta tradendo neppure adesso con questo strano lavoro. Dopotutto non mi creerebbe nessun problema. Io nei fine settimana non posso vederlo. Lui se ne va a casa di sta persona che non ha mai visto e vive a casa sua per 52 ore filate senza poter uscire.

Io non lo potrei mai fare. Lui sembra che si rinchiuda in un bozzolo. Un utero dove sta davvero bene. E’ questo che mi infastidisce. Mi infastidisce che da settimane parliamo e lui parla solo di Lei.

Si Lei con la maiuscola. Ne sa il nome, almeno credo, ma non me lo ha mai detto. Però tutto il resto si. O meglio. Nulla di tutto il resto.

Non sa la sua precisa provenienza, che faccia abbia, se è davvero una donna, quanti anni abbia, che faccia in queste misteriose sparizioni, cosa pensi realmente di lui, che lavoro faccia nella vita… Insomma le cosa classiche per cui noi “normali” pensiamo di conoscere una persona.

Di Lei sa cosa guarda, e lo guarda anche lui, cosa ascolta, e lo ascolta anche lui, cosa legge, e lo legge anche lui.

L’ultimo libro che gli ho visto leggere è stato

“La regola del buio” di Iles Greg… incredibile. Un romanzo psicologico sessuale cupussimo Fino a qualche settimana fa leggeva solo romanzi musicali o manuali, tutt al più fumetti.

Sembra che si stia lasciando plasmare da Lei. E quando siamo assieme non fa che parlare di questa casa che vive. Degli incubi che scrive e che ha sognando e dormendo nel suo letto.

Ho paura che la desideri. Abbiamo fatto sesso poche sere fa. Era staccato eppure eccitatissimo. Non mi guardava ma guardava il vuoto e non mi ha mai toccato così. Quasi a cercare altro sotto la mia pelle.

Ho un po’ paura e un po’ devo ammettere che sono attratta da Lei, e dalla sua casa. Cosa può avere di tanto penetrante un appartamento?


9 ALTRE LETTERE

 
Lei:

 

Ho imbracciato la tua chitarra quasi tutte le sere questa settimana. Hi cercato di immaginare la canzone che hai scritto per me. Nessuno ha mai scritto una canzone per me. Ho quasi pensato di comperare un piccolo registratore digitale per permetterti di inciderla e lasciarmela. Nel contratto era specificato che tu non avresti sentito la mia voce. Non io la tua. Vedremo.

Ho rinunciato ad una notte con i miei film orientali per vedermi la seconda serie dei Griffin in dvd che hai portato.

Meno velocemente di quanto fai tu con me anche io sto conoscendo l’animatore della mia casa attraverso gli oggetti. Uno alla volta.

Nella tua tazza ci prendo il the verde tutte le sere.

Incubi sempre, ma meno molto meno. E’ molto più divertente leggere ed immaginare i tuoi.

La lavatrice perde dall’oblò. La guarnizione l’ho presa come mi hai detto. Me la cambi

Lui:

Ma si dai. Prendilo il registratore digitale. Ti faccio sentire questa canzone che continuo a strimpellare.

Mi fa piacere che usi e compenetri i miei oggetti. Io vivo oramai da due mesi a stretto contatto con i tuoi e mi raccontano ogni giorno di più quello che sei. O la proiezione di quello che vuoi essere.

La lavatrice è apposto, l’incubo della settimana riguarda proprio la lavatrice… pensa un po….


10 – Utero

Quanto tempo è che mi rifugio qui?

Non lo so ho perso il conto. Otto, dieci, cento, mille settimane… Mi sembra da sempre. La condizione della mia vita sembra da sempre questa.

Ecco, si apre la porta. Sono le 8 del venerdì sera. Il momento più atteso della settimana. Le luci accese, il dvd pronto con un film in carica, quello perfetto per me, quello che mi darà l’incubo di benvenuto, dopodiché saranno ore di pace totale.

La vasca, il bagno, le lenzuola dove impregno il mio corpo del suo profumo. Una pace eccitante dentro la quale vivi per 52 ore la settimana.

Come stare per tre giorni con cazzo dentro ad una donna. Una penetrazione totale. Tutto il corpo che gode. Come rientrare in un utero accogliente. Lei è enorme, attorno, non c’è fisicamente qui. Questo appartamento è la sua figa, il suo utero, la sua mente, la sua pancia, il suo cuore.

Mi ci immergo dentro. Un utero arredato, un utero che sto arenando anche io.

Entro e mi guardo attorno. Il mio amplificatorino e la mia chitarra appoggiati sul suo letto, appunti di mie canzoni con correzioni a biro fatte da lei buttati li sulla scrivania. Il suo pc acceso e da parte la mia digitale, la mia tazza da te sporca del suo latte e cacao della Granarolo.

I suoi romanzi psicologici e i miei manuali musicali mischiati assieme.

La sua vita e la mia che sono compenetrate grazie ai nostri oggetti fusi in queste pareti.

Tu la desideri, ha sentenziato la mia donna di carne. La brami.

Dio no… Non so immaginare come sia realmente. Lo scorcio della sua voce sentito al telefono è scomparso nella mia memoria. Le poche foto di spalle e strane che c’erano le prime settimane sono andate sparendo.

Non so immaginare come sia ma la conosco benissimo. Io scopo la sua essenza per 52 ore la settimana, e il resto della settimana sono preliminari per il prossimo (non) incontro.

Tu la brami, la vorresti abbracciare, continua a dirmi la mia donna di carne ogni volta che gli parlo di lei. No… non so immaginare come sarebbe un suo abbraccio reale perché mi prendo ogni settimana il grande abbraccio della sua casa che vive in me.

Mi da fastidio che continui a pagarmi per questo “lavoro”, glielo anche scritto. Non voglio i tuoi soldi ma che mi lasci vivere da te sempre. Risposta: se lo dici ancora sei licenziato.

Mi sono spaventato. Perdere questo lavoro e perdere lei sarebbe come essere partorito di 7 mesi. Non sono pronto. Sto regredendo sempre di più allo stato pre natale.

Quando arrivo la prima che faccio è volare al pc per leggere le cose che mi scrive. Ma alle volte non c’è nulla. Mi fa stare male. Adoro leggere le sue parole e quando non c’è nulla so che in quella settimana è stata male e non voleva dirmi nulla.

Ma spesso ci sono belle parole, dolci, mi capisce. Parlo con lei come se parlassi con la sua coscienza. Eppure stasera arrivando ho trovato una frase in fondo al messaggio che mi ha lasciato da pensare: so che un giorno mi parlerai.

Se mi dice così vuol dire che sente che quello che dico non è sufficiente. Che c’è di più dentro di me da tirare fuori da vomitare. Eppure, la scrivo, da mesi parlo solo con te. Di tutto.

Al suo pc ho detto le paure più profonde che neppure a me oso confessare.

Eppure la guerra dentro di me non è ancora finita, si ha ragione.

Forse vuole che sia sincero fino in fondo. Forse vuole che le urli che la amo, come dice la mia donna. Ma non lo ammetto neppure dentro di me. Figuriamoci fuori, ma forse lei lo sa già che è così, non lo so ancora io ma lei lo sa.

O forse è solo mia supposizione e quelle parole vogliono dire altro, ma che cosa possono volere dire?

Scrivo. Scirivo tanto. L’incubo settimanale, puntuale, sempre più allucinato e slabbrato. Un incubo che non fa paura, anche perché lo attendo lo bramo.

Perché poi giunge la tranquillità del post orgasmo. E mi immergo nel liquido amniotico del suo utero. Che sia mia madre? Una madre universale? Una madre bianca enorme totalizzante?

Mi coccola come un bambino, deve amare i bambini, e io mi lascio coccolare.

Ma come puoi sentirtic coccolato da una persona che non esiste, incalza nella mia testa la voce della mia donna di carne….

Cazzo, cazzo, cazzo…. Ma è possibile che non capisci. Non capisce ma non glielo dico. La feririrei. Non è da me. Ma Lei. La sua casa. Lei, lei lei, lei leileileilei…. Lei mi conosce più della mia donna di carne, più di mia madre, dei miei amici…

Lei sa che devo sputare fuori ancora tante cose prima di dichiarare finita sto cazzo di guerra.

Ma sono qui. Sono nel suo letto. L’incubo per questa settimana è scritto e adesso devo solo stare bene. Si satre bene. Solo, nella luce, mai solo, nella luce, io, nella luce, io e Lei, nella luce.

Perché non muoio dolcemente qui, adesso?


11 –  Lettere

Questo fine settimana mi sono stupito di me stesso sai? Mi sono scoperto a pensare con decadenza che mi sarebbe piaciuto morire nel tuo letto. Pensavo che saresti tornata, mi avresti trovato, mi avresti sfiorato, ti saresti seduta accanto al letto a vegliare in attesa dell’arrivo dell’ambulanza.

Mi sono accoccolato nel pensiero. Un sola cosa mi disturbava. Che io comunque non ci sarei stato. Ci sarebbe stato io mio corpo, non la mia essenza. Se solamente sapessi che nel passaggio tra vita e morte mi fossero concessi 10 minuti di incorporaneintà per vivere quel momento, allora mi sarebbe bene morire.

Ma sono solo pensieri dandy, maledetti, anche adolescenti. Le ultime briciole di realtà che mi circolano nelle vene. Le ultime onde leggere di pensieri che cercano di portaTi nella “normalità” di un rapporto.

Come se contasse davvero l’incontro. E’ stupido. Sei il mio datore di lavoro, che discorsi ti sto a fare?

Ma si scherzo, lo sai. Mi stai educando ad una dimensione diversa. Che il tuo obbiettivo era questo? Non lo so. Ho spesso di chiedermelo tantissimo tempo fa. Credo dalla seconda settimana che navigo a vista nella tua casa utero.

Eppure alle volte ancora emergono delle domande e delle paure. Ma so che se chiudo la porta a chiave e metto un film nel dvd, so che se ti “rubo” un dolcetto e me lo mangio, se mi stendo nella tua trapuntina blu, se respiro il tuo profumo… Allora tutto cambia.

Ci sei, anzi c’è Lei…

Lei.

Mi stai arrivando molto vicino all’anima

 

12    Capire

Che l’avessi perso ormai era evidente, da mesi  avevo assistito attorno a lui al discendere di una sorta di nebbia che l’aveva trasformato.

La persona, tutto sommato banale e calma, che conoscevo e che, forse, avevo amato adesso era tutta un’altra persona.

Quel  nuovo lavoro già, quel nuovo lavoro, l’aveva trasformato in una persona che ora non conoscevo più.

Avrei accettato di perderlo per un’altra donna, si questo a malincuore, l’avrei forse accettato… ma perderlo per una casa, cristo… questa cosa può più non riuscivo a capirla.

Non riusciva a scendermi giù quel grosso nodo che si formava nello stomaco quando il lunedì lo rivederlo e lo sentivo parlare, con gli occhi stralunati, raccontava del fine settimana passato in quella casa…

A quella casa si riferiva dicendo lei.  Un lei con la L maiuscola, parlava di una casa e pensava ad una persona.

Lo sapevo che la bramava che la desiderava, continuava a dirmi di no eppure ne ero fortemente convinta come potessi essermi convinta non lo so solo probabilmente sentivo lo spirito di una donna si era insinuato nel mio uomo

Cazzo, forse era la prima donna nella storia che stava perdendo, anzi che aveva perso, il suo uomo non per un’altra donna ma per la casa di un’altra donna

Ragionavo ci pensavo non avevo mai pensato lui così intensamente come in questi mesi, questi mesi di caduta di caduta libera su un corpo astratto, verso qualcosa che non riuscivo veramente a concepire

Ma me ne ero fatta una ragione ma mi rimaneva forte una curiosità capire come fosse stato possibile perdere una persona per una casa a decisione era presa

L’avrei lasciato o forse avrei trasformato il rapporto in qualcos’altro ma prima di farlo volevo vedere volevo capire volevo comprendere cosa succedesse dentro di lui e per farlo avevo bisogno di vedere quella casa

Qualcuno avrebbe detto che ero gelosa di quella casa e forse era vero

La decisione era presa: l’avrei seguito sapevo più o meno dove si trovava quella casa,

Avrei fatto irruzione in quella casa perchè volevo vedere, volevo capire dopo avrei potuto anche farmene una ragione o perlomeno cercare di farlo… anche io volevo capire….. cazzo

Non mi interessava nulla di vedere lei. Lei la proprietaria della casa, lei il datore di lavoro, lei che mi aveva portato via lui…

Volevo capire, capire che era la parola più potente che mi rimbalzava in testa da giorni e giorni una parola comune, un  desiderio che tutti gli esseri umani hanno

Io volevo capire cosa succedeva capire cosa li circondava, io volevo capire… capire… capire… capire…


13    – Interludio

 Lei, lei di carne, lui, la casa.

Personaggio di una vicenda che potrebbe essere tutto e il contrario di tutto.

Tante voci e il precipizio. Si perché si precipita sempre nella vita. E prima o poi arriva lo schianto, e non è detto che sia spiacevole arrivarci a quello schianto.

C’è gente che precipita per tutta la vita e non si schianta mai. C’è gente che improvvisamente si accortoccia e non sa perché… non stava mica cadendo…

E allora sono diversi gli schianti che si possono susseguire. Mentali e fisici. E alla fine comunque si rimane sempre con nulla dentro e tutto addosso.

Non è il caso…

 

14    – Finale?

Aveva pensato e ripensato a quel momento e si era riproposta di stare tranquilla.

Nella sua mente si vedeva arrivare in quella casa, aprendo la porta, salendo le scale, tranquilla, quasi ascetica. Si vedeva entrare in quel mondo che conosceva già perfettamente per tutti i racconti fatti da lui, guardarsi in giro, capire, fotografare, e poi andarsene… Con la consapevolezza che tutto era finito, o mutato.

Ma le cose non vanno mai come volgiamo noi.

Mattina di un sabato mattina. Aveva preferito non arrivare il venerdì sera. Meglio al mattino, nella luce del giorno.

Un auto si spegne e una donna chiaramente agitata scende dal veicolo.

Avanza veloce. Convinta, deve capire.

Uno stabile nuovo, colorato, colonnine un entrata, un cortiletto. Si è qui. La a sinistra le due persiane verdi aperte. La casa… eccola.

All’ingresso un uomo, forse un custode, con la scopa in mano, pulisce.

La donna entra sicura. Lui alza lo sguardo. Una sconosciuta allucinata davanti ai sui occhi. Le si fa incontro.

“Signorina… posso esserle utile”, lei tenta di dribblarlo, lui si insospettisce, “Scusi ma dove va, posso esserle utile”, lei punta il muro per aggirarlo, sembra non sentire, gli occhi fuori dalle orbite, i capelli biondi scompigliati.

“Signorina, che fa? Dove va?”, la prende per un braccio.

Sembra scuotersi dal torpore. “Devo salire”, quasi urla.

“Salire dove?”, lui sempre più sospettoso, lei lo dribbla,

“Ma si nell’appartamento della ragazza straniera”,

“Ma che dice non capisco”

Le sfugge e punta le scale. “Che appartamento”, quasi urla lui.

“Ma si mi accompagni lei”, urla la donna quasi a voler essere accomodante ma chiaramente fuori di se.

 “Ma dove?”…

 Ma dove?

 Stop…

Mente di lei, un secondo.

 

         Come dove, cosa dice, come dove, chi sei, lasciami andare, stare calma, salire, chi sei, ragazza, casa, capire, capire –

 

Start

Scandisce le parole:

“Devo – salire – nella – casa – della – ragazza – straniera – quella – che – nel – fine – settimana- non c’è”….

Lui, “Ma si fermi, non la capisco”

“Oddio, la ragazza esile straniera, quella che nel fine settimana se ne va e lascia l’appartamento in custodia ad uno strano ragazzo tranquillo un po allucinato che non esce mai”, lo dice quasi di un fiato.

E’ a metà delle scale.

“Ragazzo allucinato”, urla lui arrancandole dietro.

“E’ il mio ragazzo, devo vederlo ora”, urla lei.

Stop

 

Cervello di lei, un secondo.

 

         Ecco la porta, verde, aperta, entrare, capire, ragazza, lei, lasciami andare, capire capire –

 

Start.

 

“Mi lasci so dove andare, ecco”.

 

Lei si para davanti alla porta.

Lui, l’uomo con la scopa dietro.

Un secondo di silenzio che sembra infinito.

Hanno capito entrambi….

La mano sulla maniglia, la porta si apre.

Ecco, adesso si capirà….

Porta che si apre, luce che filtra, suoni di chitarra da dentro.

Voce di lui da dietro, l’uomo con la scopa.

Contemporaneità tra le due azioni.

Si apre l’appartamento, è dentro. “Ah questo —-“

Lui da dietro.

Un immagine, bianca, di vuoto, di bianco totalizzante.

“Questo appartamento… quello che è stato….”, sempre lui dietro.

Luce, vuoto, capire… Sorprese, silenzi, chitarra…

 

“…sfitto fino a tre mesi fa, lo ha preso in affitto uno strano ragazzo, cerca lui?”…..

 

—–

 

 

Una stanza vuota, o quasi si para davanti agli occhi della donna che improvvisamente si è fatta calma. La finestra aperta getta una lama di luce nella stanza. In un angolo butatta a terra una copertina blu, cartoni di pizza sporchi e vuoti, lattine di birra schiacciate, qualche rivista sgualcita a terra, lui sta seduto di spalle sopra l’amplificatorino, la tazza gialla per terra. Tutto bianco e vuoto.

 

La chitarra suona una canzone.

 

Faith si veste lentamente tra un minuto se ne andrà….

Canticchia stonato..

 

Lei paralizzata. L’uomo con la scopa se ne è andato spaventato…

 

Lui fa per voltarsi…..

 

15    – Continuazione per la fine

 

Sabato mattina. Che splendida mattina. Metto l’amplificatore della chitarra davanti alla finestra. Decido di strimpellare un po’ la sua canzone mentre sorseggio il te.

L’incubo non è venuto stanotte… chissà come mai, magari arriverà poi, adesso?

Mentre sto nella tranquillità sento giù da basso del trambusto. Non mi affaccio, proseguo a strimpellare, ma la voce di donna che mi arriva, con parole che non capisco, forse straniere, nelle orecchie mi mette in agitazione.

Sento salire le scale, veloce, un passo leggero ed esile… Parole….

Un flash… sei tu che vieni?

Non è possibile, eppure…. Sento la mano che apre la maniglia….

 

Respiro profondamente ed attacco la tua canzone, la senti?

7 Risposte a “Racconti – Compenetrazione”

  1. Questo racconto è rimasto a lungo nel cassetto e abbisogna di una nota…

    Lo pubblico stanotte perchè oramai so che non serve più tenerlo li…

    Compenetrazione racconta una storia plausibilmente vera ed è ispirata a Faith, o meglio K.

    Se andata indietro nel mio blog di un anno troverete molte storie di Faith, a Amnada, o la cicatrice… troverete molti frammenti.

    K era nella mia vita ed è scomparsa, quasi un anno fa. Dopo un sms di cui si ritrova uno stralcio nel racconto, ti stai avvicinando all’anima ti voglio bene.

    Era un amicizia di rete, si virtuale, di questo mondo fottuto che sa regalare belle emozioni ma anche fare un male tremendo.

    Abbiamo parlato per un anno e passa. Credo di essere stato ad un passo dall’innamorarmi di lei, prima ancora di sapere se fosse uomo, donna.

    Il nome, il sesso, la città, la voce, li ho scoperti negli ultimi mesi della nostra amicizia.

    Poi una notte dopo avermi detto ti voglio bene una cosa che mi ha fatto piangere perchè sapevo quanto fosse importante una cosa cosi per lei… è scomparsa.

    Ho provato a mandare ancora qualche sms, nulla… Non chiamerò, rispetto la sua scelta.

    Ma Faith non tornerà e mi ha fatto male, un male che non voglio più provare… Stanotte ne sono certo…

    Non tornerà mai più

    buon anno blog, gtazie di avermi portato tante persone cui voglio un bene dell anima… Giovi, Simo, Luci… e a chi l’ho detto ieri..

  2. davvero allucinante, fantastico, bellissimo… vediamo se ho colto: il mondo di lui, e Lei stessa, non esistevano, se l’è inventati lui, giusto? meraviglioso.

    dal commento tutto ha assunto un altro tono, un altro colore, più cupo, meno fantastico. mi dispiace che questa persona sia sparita, e mi dispiace che tu stia ancora male per questo. cmq, si può essere feriti anche da persone in carne ed ossa. il fatto che lei ti sia scivolato dalle mani è molto frustrante e doloroso…ma cerca di dimenticare e andare avanti.

    buon anno…

    Ps anche io scribacchio. su fortunata.splinder.com.

  3. Questa racconto mi ha preso, si è insinuato nelle mie ossa, mi ha travolto. il commento rende molto più reale tutto il racconto. preferivo rleggerlo in chiave personale, come credo faccia ogni lettore. Non posso che dirti grazie per questa bellezza che ci hai permesso di leggere.

  4. mi è piaciuta molto l’idea del “lavoro” di tenere in vita la casa. una sola riflessione, ma queste donne matte che vogliono capire e che non capiranno mai e poi mai per il semplice fatto che non sentono.. devono sempre fare rumore e casino?!? certe anime sono irraggiungibili, allo stesso modo degli schizofrenici. ecco perciò che quella donna vide la povertà della materia, ed altrove si trovava l’uomo.. nella più lussuosa delle suite.

    solo un suggerimento, ci sono diversi errori di battitura che stonano con la fluidità della narrazione 😉

I commenti sono chiusi.