RACCONTI – L’odore sensuale che sconvolse Aurora

metro

Il respiro tornava via via normale e le botte non si sarebbero fatte sentire almeno per un’altra ora. Aurora era stanchissima, quella stanchezza che serve a scacciare ogni pensiero. Per quello aveva scelto lei, donna, giovane, esile, una palestra di boxe. Era l’unica donna boxeur della palestra degli Audaci, uno scantinato in un palazzone grigio e anonimo a Milano, vertice di un triangolo di vie che confinavano con un grande vialone a scorrimento veloce che Aurora doveva attraversare per arrivare alla fermata del metro Lima e andare verso casa.

Ma per ora era solo con gli occhi chiusi appoggiata con la testa all’armadietto della palestra. Sudata e gnoccata, faceva da sparring partner a pugilatori uomini che non si facevano pregare certo a darle qualche colpo ben assestato. Ma le piaceva. Le piaceva pensare che a breve avrebbe assaporato il primo sorso di Guinness fredda al pub sotto casa guardando la fauna del quartiere. Si sentiva sicura con i suoi lividi addosso. Non faceva la doccia in palestra. Le piaceva tenere addosso l’odore di guantoni, di cuoio vecchio, di pelle sudata, fino a casa per poi lasciarsi andare sotto la doccia che veniva invasa dal suo odore di donna così forte  e sensuale che quasi la stordiva.

Ma qualcosa si stava insinuando in quel preciso istante nel suo rituale da venerdì sera. Un odore pungente, forte eppure sfuggevole che non aveva mai sentito in palestra. Strizzò gli occhi per fare del tutto buio e concentrarsi solamente su quell’odore che la incuriosiva. Sempre rimanendo con la testa appoggiata all’anta dell’armadietto aspirò forte e una sorta di scossa la percorse dalla punta dei piedi ai capelli indugiando nel basso ventre. Cosa era quell’odore? E perché aveva già capito che le avrebbe sconvolto il rituale da venerdì sera?

Aprì gli occhi e si guardò intorno. Era certa che avrebbe visto subito la persona da cui proveniva. Doveva essere uno nuovo della palestra perché un odore così pungente ed eccitante non avrebbe potuto sfuggirle per così tanto tempo. Ma nello spogliatoio non c’era nessuno. Assolutamente nessuno. Peccato. Era certa che avrebbe incrociato lo sguardo con lui, o lei, e sarebbe subito scattato qualcosa di animale, lì, sulle luride panche di quegli spogliatoi. Invece tutto sembrava silenzioso e immobile.

E va bene”, si disse, “fa nulla, sarà stata la mia immaginazione”. Riprese a rivestirsi e l’eccitazione scese, pur rimanendo ben presente in un punto preciso della pancia, si sarebbe masturbata immersa nel suo odore sotto la doccia prima di schiantarsi a letto. In fondo se lo meritava.

Richiuse la borsa con un movimento quasi nervoso per l’occasione sfumata, “ma che occasione? Chissà che ho sentito”, allacciò le Dottor Martins verdi, inforcò gli occhiali. Era esile eppure potente. Un fascio di nervi ingentilito dal taglio di capelli a caschetto francese e dagli occhiali dalla montatura spessa e da bibliotecaria sensuale e della porta accanto. Si buttò la borsa in spalla e usci nella umida serata milanese. Ma dopo due passi lungo via Bronzino deserta e scura quell’odore la investì di nuovo.

E no cazzo, stavolta non me lo sto immaginando”. Si bloccò e si girò di scatto come se fosse seguita. Nessuno. Non c’era nessuno. Oramai era una sfida tra lei e l’odore. Forte, acre, animale. Eppure accogliente, buono, eccitante. Avrebbe potuto essere l’odore di un’altra donna come lei. Attraversò le 4 corsie di viale Abruzzi diretta verso la fermata Lima della metropolitana quasi in trans. Quell’odore non la abbandonava. Lo seguiva come un cane eccitato. Ogni tanto aspirava forte per assicurarsi di non averlo perso.

Basta Aurora, sembri una pazza”, rallentò il passo, cercò di scordare l’odore. Scese in metropolitana per andare verso casa. Erano due fermate in direzione Sesto 1 Maggio. Loreto e Pasteur. Poi sarebbe scesa e si sarebbe avvita verso casa, a due passi dalla Stazione centrale. Con il rumore dei treni che la accompagnava ogni notte da quando era piccola.

Ma appena seduta sul vagone della metropolitana quell’odore tornò forte. Nel vagone con lei solo tre persone. Una ragazza dai lunghi capelli neri, con una lunga serie di orecchini, lo sguardo spiritato; un quarantenne piegato su se stesso, capelli corti, cuffie alle orecchie; un ragazzino forse dell’est Europa, solo un po’ spaventato. L’odore doveva essere di uno di loro tre. Li guardava e non riusciva a decidere quale dei tre potesse essere.

Li avrebbe seguiti. Voleva scoprire di chi era quel profumo che le trapanava il cervello e la pancia. Dopo la sua fermata al capolinea ce ne erano altre 8. Alla sua fermata nessuno salì, nessuno scese. Sembrava un triello a quattro persone. Rovereto, Turro, Gorla, le stazioni passavano. Nessuno si muoveva. Aurora aveva già fatto fantasie sessuali su tutti e tre. Selvaggia e dolce con la dark, da fine del mondo e da silenzio col quarantenne, da post guerra e da periferia con il ragazzino.

Precotto, villa San Giovanni, Sesto Marelli, si stava allontanando molto da casa appresso alle sue fantasie. L’odore la aveva catturata, l’aveva portata in altre dimensioni. Aveva la borsa della palestra in grembo stretta al ventre con la mano destra, la sinistra sotto grattava sui jeans premendo il sesso. Dovevano essersi accorti dei suoi sguardi. Dovevano.

Pensava che quando si sarebbe mosso quello che aveva quell’odore l’aria si sarebbe smossa e avrebbe capito e lo avrebbe seguito. Sesto Rondò, Sesto 1° Maggio, capolinea. I tre scesero come se fossero un corpo unico. Lei li segui. Non sapeva davvero che fare aveva perso il senso della realtà.

Aurora? Che ci fai in sto posto in culo al mondo?”. Una voce la strappò dalla sua trance. Era quella di Lidia, la sua vicina di casa. Ogni tanto bevevano assieme al pub. Staccò gli occhi spiritati dal terzetto, “mi sono addormentata in metro e sono arrivata al capolinea, adesso torno a casa”, “ci sto tornando anche io, una birra assieme?”, “ma si, dai, ne ho bisogno, anche due”. Salirono sulla carrozza che le avrebbe riportate a casa. Sedute a fianco. Quell’odore era svanito. Lidia aveva un bel profumo pulito di Sali del mar morto, fresco e delicato. Aurora si sentiva rilassata.