Racconti – Solo l’aria tra il desiderio

La domanda mi aveva bruciato il cervello come un colpo improvviso.
“Ti sei mai masturbato pensando a me?”.
Si, d’accordo, si stava parlando di corpo, di preferenze fisiche, del suo seno, del fatto che parecchie volte avevo fatto davvero fatica a guardarla negli occhi parlandole distratto dal prosperoso seno, anzi dalle stupende tette. Scherzando quella sera avevo dichiarato che da li in avanti glielo avrei detto che le stavo guardando. Meglio essere onesti no? Aveva convenuto che avevo ragione arrossendo un po’.

Quando mi capitava di parlarle prima di affinare il rapporto di amicizia avevo pensato che fosse davvero difficile affrontare certi argomenti con lei: cosi rigorosa. Invece piano erano venuti naturali e il mio argomento preferito era stuzzicarla un po’ sul fatto che se avessi potuto ci avrei provato con lei.

Ma erano solo frasi un pochino pruriginose usate così… alla leggera.

Invece quella domanda era tagliente e precisa, secca e non detta per scherzare.

Credo che dalla domanda alla mia risposta sia passato un secondo: “Si”. Un si neutro, un ammissione senza colpa di averlo fatto. Perché era vero. Certo che mi ero masturbato pensandola. Cercando di immaginarla nuda. Cercando di immaginare quale fosse la forma ed il colore dei suoi capezzoli. Li immaginavo rossi accesi e grandi. Cercando di immaginare quale fosse il profumo della sua pelle, quale fosse la consistenza del suo culo. Se le piaceva essere leccata, se si sarebbe lasciata assaggiare, quale fosse il sapore del suo sesso, se parlasse durante il sesso.

“Si”, e il mio respiro si era fatto un po’ più affannoso. La risposta era stata immediata e poi avevo iniziato a pensare a perché mi aveva fatto questa domanda. A quale percorso mentale le avesse portato le parole alle labbra.

Arrossì violentemente ma prosegui imperterrita. “Non ho mai pensato che un uomo si potesse masturbare desiderandomi. Ma è una bella sensazione sapere che lo hai fatto. Lo rifarai?”.

Ora avevo il cuore in gola perché mentre lo diceva già pensavo di farlo, pensando proprio a questo momento e adesso la realtà mi scavalcava… “Lo faresti qui, ora, adesso, per me?”

Mi ci volle qualche secondo per realizzare quello che avevo sentito. “Si”, la mia voce mi aveva preceduto. “Allora fallo”, disse Federica. Poi si alzò dalla sedia dove stava seduta  e si mise sul divano, come per gustarsi uno spettacolo. E lì rimase.

Io scostai la sedia da dietro il tavolo. Piano con gesti che mi venivano incredibilmente fluidi mi tolsi i pantaloni ed i boxer rimanendo con le gambe nude. Mi sedetti sulla sedia a pochi centimetri da lei e cominciai a toccarmi. Federica nulla. Solo se ne stava seduta sul divano con gli occhi addosso a me. Il rossore era scomparso. “A cosa pensi e cosa guardi?”, voleva la cronaca delle mie emozioni.

“Guardo e penso alle tue tette”, dissi secco, cominciando a perdere ritegno via via che l’eccitazione cresceva.

“Vai avanti, raccontami cosa hai nella testa”, infieriva con le parole ma il corpo rimaneva immobile.
“Penso a come possano essere i tuoi capezzoli. Forma, dimensione, odore e sapore della pelle. Se diventano duri quando ti ecciti”, nessuna risposta, solo lo sguardo inchiodato addosso che bruciava sempre più.

“Penso alla tua figa. Al suo sapore, al sapore dei tuoi umori, a quello del tuo orgasmo, a quello della tua… insomma di tutti i liquidi”.

Arrossì un po’.

“Penso ai tuoi piedi, a come li leccherei, al tuo ano, a come lo leccherei”.

“Vieni guardandomi”

Ordine perentorio a cui ubbidii. Inchiodandole gli occhi addosso, negli occhi. Quando abbassai lo sguardo mi accorsi che ero talmente vicino che la mia eiaculazione l’aveva raggiunta. Immerse un dito nella goccia calda di sperma che biancheggiava dalla maglia nera e se lo portò alle labbra.

“Adesso ti va di guardare me?”